Alessia Pifferi condannata a 24 anni in Appello, pena ridotta

I giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano hanno riformato la sentenza di primo grado. L'imputata era stata condannata all'ergastolo. La sorella: "Non è giustizia, lei non ha nessun rimorso"

Alessia Pifferi (Fotogramma)
Alessia Pifferi (Fotogramma)
05 novembre 2025 | 10.46
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I giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano oggi 5 novembre hanno riformato la sentenza di primo grado e con un bilanciamento tra aggravanti e attenuanti hanno condannato a 24 anni Alessia Pifferi accusata dell'omicidio aggravato della figlia Diana, di soli 18 mesi, lasciata morire di stenti nella sua culletta. Un abbandono, dal 14 al 20 luglio del 2022, per il quale le sono contestate le aggravanti dei motivi futili e il legame parentale con la vittima. L'imputata, condannata in primo grado all'ergastolo, è rimasta impassibile durante la lettura della sentenza.

La Procura generale aveva chiesto la conferma dell'ergastolo, mentre la difesa, rappresentata dall'avvocata Alessia Pontenani, aveva chiesto che venisse riconosciuta la semi infermità o di cambiare il capo d'accusa: non più omicidio ma morte come conseguenza di altro reato.

Sorella Pifferi: "Sentenza lascia amaro in bocca, non è giustizia"

"Non è giustizia. Questa sentenza lascia l'amaro in bocca e dolore per una bambina che non c'è più. Lei non ha nessun rimorso di coscienza, ma si danno solo 24 anni a una mamma che è andata a divertirsi invece di badare alla figlia", ha detto Viviana Pifferi, sorella dell'imputata.

"Sono mamma, è mia figlia anche lei e non me la sento di commentare", sono invece le poche parole pronunciate da Maria, madre di Alessia Pifferi, a chi le ha chiedeva un commento sulla sentenza d'Appello.

La requisitoria

Alessia Pifferi è una persona "egocentrica, che tende a occuparsi delle proprie esigenze. Ha piena, totale, capacità di intendere e di volere e questo dovrebbe porre fine a tante questioni che hanno agitato questo processo. L'accertata imputabilità non può che coincidere con la colpevolezza, sono le sue condotte, il suo non garantire questioni primordiali della vita umana" alla figlia Diana a determinarne la sua morte, aveva detto la sostituta procuratrice generale di Milano Lucilla Tontodonati in uno dei passaggi della requisitoria. "Nessuna patologia al mondo può far ritenere che la mente si disconnetta a tratti", ha spiegato in aula la rappresentante dell'accusa che ha ricordato la tendenza "alle bugie e alle menzogne" dell'imputata.

"E' un nostro retaggio culturale pensare che una madre non possa sopprimere la sua bambina, ma accade perché è uno dei tanti aspetti della natura umana", ha affermato Tontodonati nella requisitoria.

"E' difficile pensare che una madre possa decidere che non le importi o le importi poco o nulla di sua figlia, ma questo accade e dobbiamo partire da questo presupposto. In questo caso la condotta è particolarmente raccapricciante perché è una condotta omissiva: non è una madre che butta la figlia dalla finestra ma la lascia per cinque giorni a soffrire, per cinque giorni da sola nel caldo di Milano", ha aggiunto la pg.

"E' una vicenda dolorosissima, direi tragica, atroce. Alessia Pifferi lascia la figlia Diana in un lettino da campeggio con un biberon di latte e una bottiglietta d’acqua", ha ricordato la rappresentante dell'accusa che ha ricostruito l'abbandono della bimba e il quadro psicologico e clinico dell'imputata. "Non dobbiamo dimenticare che abbiamo ben due perizie d’ufficio, oltre le consulenze di parte, che concludono per la piena e totale capacità di intendere e di volere di Alessia Pifferi", ha concluso.

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