
Un testimone rimette in discussione il ticket del parcheggio di Vigevano, considerato per anni l'alibi del 37enne
"Commento solo gli atti" . Così Liborio Cataliotti, avvocato di Andrea Sempio, commenta la notizia riportata da alcuni quotidiani che parlano di un testimone che smentirebbe lo scontrino del parcheggio di Vigevano come alibi del 37enne, indagato per l'omicidio in concorso di Chiara Poggi uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.
Come riferiscono diversi quotidiani, il biglietto in questione - un euro per un'ora di sosta in piazza Sant'Ambrogio, emesso alle 10.18 del 13 agosto 2007, giorno dell'omicidio - è da sempre al centro di polemiche e dubbi. Sempio lo consegnò ai carabinieri di Vigevano il 4 ottobre 2008, oltre un anno dopo il delitto, durante il secondo interrogatorio. Il ticket, nella prima indagine di Pavia del 2017, era stato uno dei punti cardine della archiviazione firmata dal gip Fabio Lambertucci. Ma ora la nuova testimonianza rischia di smontare l'alibi di Sempio, coinvolto anche in un'indagine per presunta corruzione in atti giudiziari che vede indagato l'ex procuratore aggiunto Mario Venditti.
"Ho letto sui giornali, ma il mio modus operandi e quello della collega Angela Taccia è di commentare gli atti. Non voglio mettere in dubbio quanto scritto, ma per noi quel verbale non esiste ancora, non ne abbiamo disponibilità. Serve una gigantesca prudenza: l'esperienza mi insegna che talvolta trasudano notizie che dovrebbero essere riservate sia una scelta per misurare le reazioni e reazioni da parte mia e dell'avvocata Taccia non ce ne saranno", dice il legale.
A chi gli chiede se sta valutando la possibilità di chiedere di trasferire gli atti sul caso Garlasco da Pavia a Brescia perché connessi con l'inchiesta sulla presunta corruzione che vede indagato l'ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, l'avvocato risponde: "Abbiamo già studiato il tema prima e indipendentemente delle sollecitazioni legittime di altri difensori. La questione è strettamente giuridica e le prime impressioni non vanno in questa direzione: nel breve-medio termine questa prospettiva non è all'orizzonte".
"Stiamo cercando i precedenti sul caso" che chiamerebbe in causa l'articolo 11 del codice di procedura penale, "fatemi approfondire se è fondata ed eventualmente proporrò la questione. Per noi il giudice naturale è Pavia. Non vogliamo sottrarre il caso a un procuratore capo che è una garanzia e ai dei pm di cui apprezzo il lavoro, salvo che il codice di procedura ce lo imponga. Non cerchiamo escamotage, ma ci atteniamo ai motivi giuridici. Non dò lezioni a nessuno e spero di essere all'altezza del compito" conclude Cataliotti.