"Tutti sapevano e tutti hanno taciuto" è la tesi sostenuta in aula dalla procura
La ministra del Turismo Daniela Santanchè, indagata a Milano per falso in bilancio nella vicenda che riguarda i conti di Visibilia Editore, va processata. A chiederlo, nel loro intervento davanti alla gup Anna Magelli, sono i pm Maria Giuseppina Gravina e Luigi Luzi. "Tutti sapevano e tutti hanno taciuto" è la tesi sostenuta in aula dalla procura. Figurano indagate per falso in bilancio 17 persone - oltre alla ministra ci sono il compagno Dimitri Kunz, la sorella Fiorella Garnero, la nipote della ministra Silvia Garnero e l'ex compagno della senatrice Canio Giovanni Mazzaro che hanno avuto ruoli all’interno della spa - e tre società (Visibilia editore spa, Visibilia srl in liquidazione e Visibilia editrice srl).
La richiesta di processo riguarda, in particolare, 16 persone più la ministra Santanchè (un indagato ha chiesto ha di patteggiare) mentre le società hanno concordato la sanzione amministrativa (una sorta di 'patteggiamento' su cui deve esprimersi il giudice), ma sul destino di tutti gli indagati deciderà, non prima di fine novembre, la giudice Magelli: l'ultima udienza in calendario, infatti, è stata fissata per il 26 novembre prossimo.
L'intervento della procura, a porte chiuse, è stato piuttosto breve: poco più di un'ora per ribadire gli elementi dell'indagine nata da un esposto dei piccoli azionisti. Una richiesta di controllo - capeggiata dall'imprenditore Giuseppe Zeno rappresentato dall'avvocato Antonio Piantadosi - sui conti della spa, da cui è emerso - per gli inquirenti - uno squilibrio finanziario che già, a partire dall'esercizio 2016, avrebbero 'compromesso' la spa e le successive scelte dei vertici avrebbero causato quasi l'azzeramento del valore azionario. Nell'atto di chiusura indagine, la procura sottolineava come 15 delle 17 persone indagate, "con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, ciascuno in ragione delle cariche rivestite", abbiano omesso "ogni attività di accertamento sulla corrispondenza del bilancio alle risultanze delle scritture contabili e sull'osservanza delle norme stabilite in tema di valutazione del patrimonio sociale, ed anzi esprimendo parere favorevole all'approvazione del bilancio" di Visibilia Editore spa, quotata sul mercato gestito da Borsa Italiana, abbiano avuto come fine quello "di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto".
La procura ha evidenziato, nella sua inchiesta, "la sistematica incapacità del complesso aziendale di produrre reddito, avvalendosi di piani industriali ottimistici - approvati dal cda della società Visibilia Editore spa - che contenevano previsioni di reddito operativo mai rispettate, con significativi scostamenti negativi tra i risultati previsionali e i risultati consuntivati" con l'effetto di indurre in 'errore' gli investitori e mettere a rischio la continuità della spa.