
Un capolavoro seicentesco perduto di Artemisia Gentileschi torna alla luce? È questa la domanda che agita il mondo del collezionismo e della storia dell’arte in vista dell’asta autunnale di Capitolium Art, in programma martedì 14 e mercoledì 15 ottobre a Brescia (Palazzo Cigola Fenaroli Valotti). Al centro dell’attenzione, il lotto 25: un’imponente tela (85x109,5 cm) raffigurante una figura femminile a mezzo busto, riconosciuta da Riccardo Lattuada e Nicola Spinosa come opera autografa della celebre pittrice caravaggesca. Secondo i due studiosi, il dipinto sarebbe un frammento di una seconda e finora sconosciuta versione del Cristo e la Samaritana al pozzo, la grande pala oggi a Palazzo Blu di Pisa. E non solo: la qualità pittorica della tela in asta, nonostante le condizioni conservative, suggerirebbe che possa trattarsi di una versione persino superiore a quella pisana.
La comparsa sul mercato dell’inedita tela di Artemisia arricchisce di nuovi spunti gli studi che avevano accompagnato la scoperta dell’altra Samaritana, quella di Palazzo Blu, un’opera considerata di fondamentale importanza nel catalogo della passionale pittoressa essendo, tra l’altro, una delle poche, tra quelle conosciute, firmata e datata dalla pittrice.
Rinvenuta nel 2004 in un’antica collezione privata siciliana e portata alla conoscenza del pubblico da Luciano Arcangeli nel 2007, la Samaritana di Palazzo Blu è stata oggetto di una approfondita indagine di ricerca condotta da Francesco Solinas e da questi pubblicata in un fondamentale saggio del 2023 edito da De Luca. Le numerose notizie rinvenute da Solinas sulla storia collezionistica del dipinto andranno ora riconsiderate alla luce della scoperta dell’esistenza di un’altra versione del medesimo soggetto, simile alla prima ma non del tutto identica. Dal confronto tra il frammento ritrovato dagli esperti di Capitolium, raffigurante, come si diceva, il ritratto della Samaritana e l’analogo dettaglio della pala di Pisa, emergono differenze nella postura del volto, meno inclinato all’indietro nella versione Capitolium che presenta anche una resa dell’incarnato decisamente più morbida. Diversi, per alcuni particolari della foggia e soprattutto per i colori, anche gli abiti fatti indossare da Artemisia alla bella Donna di Samaria, un punto di forza di entrambe le versioni, ma che, nell’inedito dipinto in asta, si caratterizza per un ventaglio ancor più ampio di virtuosistici cangiantismi, trasparenze e per la presenza di sciabolate dei sapienti, inconfondibili gialli Gentileschi.
Nel purtroppo scarno catalogo di Artemisia, la Samaritana al pozzo si è subito conquistata una posizione di primissimo piano come opera capolavoro del periodo napoletano della pittrice, la fase matura della sua carriera nonché quella in cui la pittrice inizia a dipingere tele di grandi dimensioni, anche monumentali pale d’altare, affiancandole alla produzione, sino a quel momento esclusiva, di quadri da stanza destinati a una committenza privata. Le soluzioni compositive più misurate, a tratti arcaizzanti, introdotte da Artemisia per questo tipo di lavori sono la plastica rappresentazione del nuovo corso preso a Napoli dalla vita della pittrice. La donna che dipinge le due versioni della Samaritana è divenuta nella capitale partenopea un’imprenditrice di successo a capo di una grande bottega di pittura in cui si avvale della collaborazione di aiuti, aiuti sicuramente intervenuti, non sappiamo in quale misura, anche nella realizzazione delle due Samaritane al pozzo. Nei venticinque anni trascorsi a Napoli - dal 1630 alla morte con l’unica interruzione di un triennio trascorso a Londra - prende finalmente corpo quel sogno divorante di ascesa sociale e affermazione professionale che è uno dei domimnanti leitmotiv di una vita troppo spesso raccontata solo nel segno del famoso episodio dello stupro subito da parte di Agostino Tassi.
La ricostruzione proposta nel 2023 da Francesco Solinas della storia collezionistica della Samaritana di Palazzo Blu si appoggia su alcuni fondamentali episodi, dei puntelli che andranno tenuti presenti anche in sede di studio della versione rinvenuta da Capitolium, giacché è in realtà ad essa che alcune di quelle notizie potrebbero riferirsi.
La prima notizia certa dell’esistenza di una grande pala con Cristo e la Samaritana al pozzo ci arriva per voce della stessa Artemisia che, in due lettere indirizzate al suo protettore romano Cassiano del Pozzo nell’autunno del 1637, gli chiede di proporla in vendita ai nipoti di papa Urbano VIII, i fratelli Francesco e Antonio Barberini. Pur non essendo a noi pervenuta la risposta di Cassiano, la circostanza che nei dettagliati inventari Barberini una Samaritana al pozzo di Artemisia non venga mai citata segnala con ampio margine di certezza che la vendita non andò a buon fine. Dell’opera si ritrova traccia una trentina d’anni dopo, in un dipinto verosimilmente realizzato intorno al 1670 dal pittore Michele Ragolia. Nel dipinto, raffigurante l’interno di una casa patrizia con una ricca quadreria, in uno dei quadri appesi alle pareti si riconosce con chiarezza lo schema compositivo della Samaritana. È altamente probabile che la collezione ritratta dal Ragolia fosse quella conservata nella dimora napoletana dei Ruffo di Sicilia, affezionati collezionisti di Artemisia, i cui beni furono venduti al pubblico incanto in più riprese a partire dal 1676. Proprio in una di quelle occasioni la Samaritana potrebbe essere stata acquistata da Giovanni Stefano Oneto, un ricco imprenditore e collezionista genovese trasferitosi in Sicilia nel 1643 e poi, alla morte di questi, arrivata per discendenza ereditaria alla famiglia da cui, nel 2022, la Fondazione Palazzo Blu l’ha acquistata. Va da sé che la linearità del tracciato ricostruito da Solinas è compromessa dalla scoperta di una seconda versione praticamente coeva a quella di Palazzo Blu. Quale delle due opere Artemisia intendeva vendere ai Barberini? Quale delle due opere è quella raffigurata nel dipinto di Ragolia? Gli interrogativi sollevati dal dipinto offerto in asta da Capitolium dimostrano quanto poco in concreto ancora si sappia della produzione di Artemisia, l’appassionata pittrice che la cultura contemporanea ha trasformato in una leggenda.