E' una delle tre grandi esposizioni che ospita la Capitale europea della Cultura 2025
Gorizia, nell'anno in cui è Capitale europea della Cultura 2025 condivisa con Nova Gorica, si impone sulla scena internazionale come uno dei nuovi poli della fotografia mondiale. Tre grandi mostre, oltre venti autori coinvolti e più di trecento scatti compongono un progetto espositivo senza precedenti per ampiezza e visione, distribuito tra lo Spazio espositivo di Santa Chiara, Palazzo Attems Petzenstein e la rinnovata Casa Morassi. Un unico racconto visivo - tra memoria, storia e identità contemporanea - che attraversa le ferite e le rinascite del Novecento e interroga il significato stesso di confine.
Il viaggio si apre sabato 29 novembre al Museo di Santa Chiara con "Franco Basaglia, dove gli occhi non arrivavano" (fino al 3 maggio), progetto curato da Marco Minuz. La mostra vuole ricordare la figura dello psichiatra Franco Basaglia e del suo rapporto con Gorizia e ricostruisce la stagione in cui la città divenne un laboratorio internazionale di trasformazione della salute mentale. Attraverso gli sguardi di Gianni Berengo Gardin (recentemente scomparso e omaggiato in quest'occasione), Raymond Depardon e Ferdinando Scianna, il percorso riporta alla luce il momento storico in cui la denuncia delle condizioni manicomiali e la riflessione sulla dignità della persona portarono alla rivoluzione culturale che avrebbe condotto alla legge 180 del 1978.
Le immagini di Berengo Gardin, realizzate con Carla Cerati e confluite nel volume "Morire di classe", mostrano la durezza e la disumanità delle condizioni dei manicomi italiani e diventano uno dei motori del cambiamento culturale che portò alla legge 180 del 1978. Depardon, con il suo sguardo discreto ma implacabile, documenta i corridoi, i volti e gli spazi sospesi dell'ospedale di San Clemente, mentre Scianna introduce un elemento poetico e umano, catturando la fragilità e la dignità dei pazienti che Basaglia cercò di restituire al mondo. A completare il percorso, circa ottanta fotografie, tre videointerviste realizzate per l'occasione e il film "Il Volo" di Silvano Agosti, che racconta l'esperienza simbolica del "volo" dei pazienti, metafora potente di una liberazione possibile. Una mostra che volutamente, anche nella scelta delle fotografie d'autore individuate, vuole non solo raccontare l'esperienza di Basaglia da un punto di vista professionale, ma anche suggerire la visionarietà che la animava.
Il racconto prosegue nella cornice nobile di Palazzo Attems Petzenstein, dove dal 20 dicembre 2025 al 3 maggio 2026 prende forma "Back to Peace? La guerra vista dai grandi fotografi Magnum", organizzata in collaborazione con Magnum Photos, con la curatela di Andrea Holzherr e Marco Minuz. Si tratta di una delle più vaste ricognizioni recenti sulla rappresentazione della guerra nel Novecento e sulla costruzione della pace, in esclusiva per l'Italia. Oltre duecento fotografie di autori membri della prestigiosa agenzia Magnum ripercorrono i momenti cruciali del secolo: le immagini di Robert Capa durante lo sbarco in Normandia; il lavoro di George Roger sulla liberazione dei campi di concentramento, messo in dialogo con i disegni di Zoran Mušič realizzati a Dachau; il reportage di Wayne Miller sulle conseguenze delle bombe atomiche in Giappone; e Le Retour di Henri Cartier-Bresson, dedicato al ritorno dei prigionieri di guerra in Francia. Seguono le fotografie di Werner Bischof che raccontano un’Europa ferita ma resiliente, attraversata dalla Grecia alla Finlandia, e il progetto Unicef di David Seymour, dedicato ai bambini vittime dei conflitti. A questi si aggiungono le immagini di Herbert List, che documentano la fragilità del dopoguerra e la ricostruzione della gioventù europea, fino alla sezione finale sulla costruzione del Muro di Berlino, simbolo di nuove tensioni e nuove frontiere. Oltre ai già citati, saranno presenti contributi di: Eve Arnold, Cornel Capa, Erica Hartmann, Burt Glinn, René Burri, Leonard Freed e Thomas Hoepker. Installazioni video e paesaggi sonori amplificano la dimensione emotiva della mostra, mettendo il visitatore al centro di un percorso che attraversa distruzione, dolore, speranza e rinascita. Allestire questa mostra proprio a Gorizia, città che ha vissuto sulla propria pelle le fratture del Novecento, significa riaffermare il ruolo simbolico del confine come luogo di passaggio, di riflessione e di memoria condivisa.
Infine, il percorso si conclude in Borgo Castello nella rinnovata Casa Morassi, che fino al 18 gennaio 2026 accoglie "Tre sguardi. Racconti fotografici inediti per GO!2025", progetto ideato e curato da Alvise Rampini e Michele Smargiassi. Qui tre maestri della fotografia internazionale - Steve McCurry, Alex Majoli e Meta Krese - sono stati invitati a misurarsi con Gorizia, Nova Gorica e il tema del confine, realizzando tre reportage completamente inediti. McCurry, attraverso una serie di ritratti intensi, dà voce ai testimoni della storia isontina, ricostruita grazie al lavoro con il giornalista Roberto Covaz. Majoli attraversa il territorio come un regista, seguendo il corso dell’Isonzo, trasformando paesaggi, feste popolari, incendi sul Carso e scene di quotidianità in immagini che sembrano provenire da un set cinematografico. Krese sceglie invece un approccio più intimo, dedicandosi alle famiglie che vivono quotidianamente un’identità transfrontaliera, componendo assemblage visivi in cui l’interno domestico e la dimensione urbana dialogano come in un moderno polittico. Il risultato è una narrazione corale che restituisce l’essenza di un territorio in trasformazione, dove i confini non dividono ma si intrecciano con le storie personali e collettive.