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Da Renzi a D'Alema e Fini, ecco i leader 'scivolati' sulla casa

28 novembre 2019 | 19.48
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L'ex premier è accusato dall'Espresso di aver acquistato una nuova casa a Firenze con un 'prestito' da 700mila euro di un finanziatore della Fondazione Open. Ma non è la prima volta che un leader inciampa nel suo 'focolare domestico': sono tanti, nel corso degli anni, gli scandali bipartisan che hanno visto come protagonisti esponenti politici di centrodestra e centrosinistra

La Casa di Montecarlo dove viveva in affitto Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini  (Foto Fotogramma/Ipa)
La Casa di Montecarlo dove viveva in affitto Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini (Foto Fotogramma/Ipa)

Altro che 'casa dolce casa'. Oggi Matteo Renzi è accusato dall'Espresso di aver acquistato una nuova casa a Firenze con un 'prestito' da 700mila euro di un finanziatore della Fondazione Open. Lui ribatte denunciando il settimanale. Ma non è la prima volta che un leader inciampa nel suo 'focolare domestico'. Da Massimo D'Alema a Gianfranco Fini ad Elisabetta Trenta, sono tanti, nel corso degli anni, gli scandali bipartisan che hanno visto come protagonisti esponenti politici di centrodestra e centrosinistra.

In principio fu 'Affittopoli': correva il 1995 quando scoppiò il caso di una serie di appartamenti degli enti previdenziali in affitto a potenti politici di destra e sinistra. 'Il Giornale' rivelò che l'allora segretario del Pds si era visto assegnare un immobile dell’Inpdap, a Trastevere, a 633mila lire al mese di canone. Travolto dalla bufera mediatica, l'ex premier fu costretto a traslocare da via Benedetto Musolino. Ma in quell'inchiesta furono tantissimi i politici, i sindacalisti, giornalisti, imprenditori, manager di Stato ad esser scoperti dal Giornale come inquilini a poco prezzo negli appartamenti, spesso in zone di pregio, degli enti previdenziali

Quindici anni dopo balzò agli onori della cronaca un doppio scandalo, con protagonisti Claudio Scajola e Gianfranco Fini. Nel maggio del 2010, destò scalpore l'appartamento vista Colosseo del ministro dello Sviluppo economico del governo Berlusconi, pagato poco più di 600mila euro: i giornali dell'epoca lo accusarono perché la parte eccedente di questa somma fu sborsata dall'imprenditore Diego Anemone.

Scajola si difese spiegando che quell'ulteriore versamento di soldi fu fatto "a sua insaputa", espressione poi passata alla storia, che affossò definitivamente l'ex coordinatore della 'traversata del deserto' di Forza Italia, obbligandolo a dimettersi dall'incarico ministeriale (Scajola fu poi completamente assolto dai magistrati perché non era a conoscenza del fatto che Anemone avesse pagato una parte dell'acquisto della casa).

Nell'agosto dello stesso anno, ancora 'Il Giornale' scoprì l'affaire della casa a Montecarlo, svenduta da Alleanza Nazionale a Giancarlo ed Elisabetta Tulliani, rispettivamente, cognato e compagna del leader di An Gianfranco Fini.

Si trattava di un appartamento di 60 metri quadrati, che il partito aveva ereditato da una contessa e poi svenduto sottobanco nel 2008 a società off shore dell'isola di Santa Lucia. Appartamento che poi finì utilizzato con regolare contratto proprio da Giancarlo Tulliani. L'inchiesta giornalistica costò all'allora presidente della Camera la fine politica, oltre che un avviso di garanzia e un processo alcuni anni dopo.

Anche l'ex governatore del Lazio Renata Polverini finì sulla graticola quando era parlamentare del Pdl per un'abitazione dell'Ater nel quartiere San Saba di Roma, assegnata al marito, dove pagava un canone molto basso. A rivelare la notizia l'Espresso nel 2011. Nel settembre del 2013 arrivò lo sfratto dei vigili urbani.

Gli ultimi 'scandali domestici' in ordine di tempo hanno colpito due big pentastellati: la senatrice Paola Taverna e l'ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta. Nel gennaio 2019 Taverna è al centro delle polemiche per la madre che viveva in una casa popolare dell'Ater all'Alessandrino.

Il caso della Trenta, invece, è deflagrato qualche settimana fa: l'ex ministro ha dovuto rinunciare alla 'casa di rappresentanza' nel quartiere San Giovanni di Roma, che successivamente era stata assegnato al marito militare. Lei ha provato a difendersi, ma ha dovuto fare marcia indietro e cedere, su pressione anche del capo politico del Movimento, Luigi Di Maio.

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