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Rovereto

Bimbo con due madri 'fantasma' per 7 mesi

14 giugno 2019 | 17.07
LETTURA: 4 minuti

Ora il piccolo avrà una carta d'identità, la sentenza a Rovereto. Per la prima volta nel diritto italiano viene affermato che un Comune è tenuto a rispettare un atto dello stato civile creato in un altro Comune, pena minare la coerenza del sistema

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Sì alla carta d'identità per il figlio di due mamme residenti a Rovereto dopo che lo stesso Comune si era rifiutato di riconoscergliela. Lo ha stabilito il Tribunale della città al termine di una battaglia legale, resa nota dal legale delle donne Alexander Schuster. Per la prima volta nel diritto italiano viene affermato che un Comune è tenuto a rispettare un atto dello stato civile creato in un altro Comune, pena minare la coerenza del sistema.

Ad ottobre scorso nasce il bambino fuori dalla Provincia di Trento. Le due donne (una madre partoriente), entrambe di Rovereto, chiedono così l'iscrizione all’anagrafe del loro figlio. Un mese dopo però apprendono che il Comune si rifiuta di riconoscere quell’atto. Il piccolo è senza identità con conseguenze nella vita quotidiana tra l'impossibilità di viaggiare e problemi con l'Inps e l'asilo nido. Avviato il ricorso, il Tribunale di Rovereto alla fine fa luce. Secondo i giudici, spiega il legale Schuster, "non è concepibile che una persona abbia una famiglia e una identità in un Comune italiano e tutt’altra identità in un altro Comune. I registri dello stato civile devono essere coerenti. Se ogni ufficiale dello stato civile potesse mettere in discussione quanto fatto da un collega, uno potrebbe trovarsi divorziato in una parte d’Italia e ancora sposato nel resto del Paese, avere un genitore in un Comune e un altro altrove"

"Per il Collegio roveretano - aggiunge l'avvocato - 'un soggetto non può avere status diversi nell’ambito del territorio nazionale'. Mettere in discussione gli atti formati in Italia è una competenza dei pubblici ministeri, non dei sindaci".

Il Tribunale di Rovereto, continua l'avvocato, "entra comunque nel merito e afferma che correttamente sono state registrate due madri, perché nel diritto italiano il consenso dato dall’uomo convivente alla fecondazione eterologa della compagna gli impone di essere padre e assumersi le responsabilità di far nascere un bambino in quella maniera. Lo stesso principio deve applicarsi di fronte al medesimo consenso dato dalla compagna convivente. Per i giudici della Città della Quercia: 'Il diritto alla bigenitorialità e al mantenimento dello status di figlio deve essere quindi riferito alla coppia genitoriale, qualunque essa sia'". Ieri è arrivata finalmente la carta d’identità.

"Potevamo immaginare - commentano le due mamme - che il sindaco di Rovereto potesse obiettare al riconoscimento della co-madre, non essendo mai stato vicino a famiglie come le nostre, ma mai avremmo immaginato che si arrivasse a negare a nostro figlio anche la madre che lo ha portato in grembo. È rimasto un fantasma in Italia per sette mesi, senza accesso ai servizi per l’infanzia".

Per il legale Alexander Schuster "questa situazione inedita mostra i paradossi di un diritto che ignora la realtà e pretende di relegare all’inesistente chi vive in carne ed ossa. Abbiamo trattato in quest’ultimo anno decine di situazioni simili, ma in nessuna parte d’Italia mi era capitato un sindaco che rifiutasse una regola presente in ogni epoca e civiltà umana: non si può negare alla donna che ha partorito e che vuole accudire suo figlio di essere madre". "La gravità è tale – prosegue il legale – che adesso valuteremo un’azione di risarcimento danni".

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