cerca CERCA
Venerdì 26 Aprile 2024
Aggiornato: 12:14
10 ultim'ora BREAKING NEWS

Cina: anche un ex militare fra protagonisti Tienanmen che tengono viva memoria

03 giugno 2019 | 12.18
LETTURA: 4 minuti

La ricostruzione della repressione che Pechino continua a negare in un evento a Taiwan

Cina: anche un ex militare fra protagonisti Tienanmen che tengono viva memoria

I protagonisti della protesta della Piazza Tienanmen in Cina trent'anni fa tengono viva la memoria in coincidenza dell'anniversario dell'inizio della repressione violenta da parte delle autorità mentre il governo di Pechino continua a difendere la sua azione, dopo aver cercato di cancellarla dalla storia negando perfino il termine "repressione" e censurando qualsiasi riferimento, inclusi gli emoticon con una semplice candela accesa a ricordo delle centinaia, forse migliaia di vittime. Ma ora fra i testimoni non ci sono più solo gli studenti, ma anche militari pentiti.

Il 4 giugno del 1989 i militari cinesi aprirono il fuoco contro gli studenti sulla Piazza. Durante la notte diverse migliaia di giovani erano rimasti accampati intorno al Monumento degli eroi del popolo, dopo settimane di protesta contro la corruzione del governo. Nei giorni scorsi a Taiwan, insieme a uno degli attivisti sopravvissuti, è intervenuto anche uno dei militari che ha partecipato alla repressione, a sua volta traumatizzato, come ha raccontato, dagli eventi di quei giorni.

Fang Zheng, entrambe le gambe amputate per essere stato investito da un carro armato, presidente della Fondazione per l'educazione alla democrazia cinese, allora laureando all'Istituto di fisica di Pechino, ha ricostruito quelle ore, nei giorni scorsi, a una manifestazione organizzata a Taiwan. Seduto accanto a lui, uno dei militari intervenuti, l'ex ufficiale Li Xiaoming. "Nessuno ha dato direttamente l'ordine di aprire il fuoco e uccidere", ricorda. Deng Xiaoping ha impartito "comandi vaghi" per trasferire la responsabilità di quanto sarebbe accaduto ai suoi subordinati.

"Sono stato testimone e vittima", ha dichiarato l'attivista che è riuscito a lasciare la Cina e che ora vive nella zona di San Francisco con la sua famiglia, continuando a chiedere risposte sulle ragioni di tali azioni e in risposta a quali ordini i militari hanno colpito ragazzi disarmati.

"Ci era stato ordinato di raggiungere la Piazza Tienanmen a tutti i costi", ha spiegato Li, che ora vive in Australia, precisando che un tale ordine poteva effettivamente essere interpretato dai comandi come il via libera a sparare contro i partecipanti alla protesta. "Non ho ucciso, ma ho visto persone uccise e ho sentito persone che venivano uccise e innocenti che venivano uccisi", ha aggiunto, sottolineando la sua intenzione di contribuire alla storia parlando di quello che è accaduto in quei tragici giorni di trent'anni fa.

"Non vogliamo aspettare oltre. Bisogna ristabilire velocemente la verità sul quattro giugno e che sia fatta giustizia", ha aggiunto Zheng, mentre gli attivisti di allora rimasti in Cina sono costretti al silenzio e sotto stretta sorveglianza. Verso le quattro del mattino, gli ultimi gruppi di ragazzi lasciavano la Piazza alla spicciolata quando sono arrivati i carri armati. Il gruppetto di ragazzi con cui stava Fang si è diretto verso la Chang'an e ha continuato a camminare in direzione ovest. E all'improvviso carri armati sono arrivati alle loro spalle e hanno iniziato a sparare proiettili con gas lacrimogeno, uno dei quali è caduto proprio accanto a lui.

Una studentessa dello stesso corso di Fang è svenuta. Lui l'ha trascinata via, portandola oltre un guardrail della strada. "Uno dei carri armati si è avvicinato, per raggiungermi, con il cannone arrivato a pochi centimetri dalla mia faccia. Non sarei riuscito a schivarlo in tempo, mi sono gettato per terra e ho iniziato a rotolare, ma era troppo tardi. Il carro armato mi è passato sopra le gambe". Fang ha ripreso conoscenza in ospedale, dove entrambe le gambe gli erano state amputate.

Agli attivisti della Tienanmen sopravvissuti erano stati promesse lauree universitarie e posti di lavoro in cambio del loro silenzio. Le autorità hanno subito deciso di censurare quello che era accaduto inaugurando una nuova era costruita sull'amnesia collettiva, il nazionalismo, la crescita economica. Chi ha invece provato a parlare è stato perseguito.

L'ingenuità dell'occidente nell'accettare di abbassare la guardia contro la Cina si riflette nelle persecuzioni, con i campi di rieducazione di massa, in atto nello Xinjiang, denuncia Wu-er Kaixi, ex leader studentesco originario dello Xinjiang e di etnia uigura, che ora vive a Taiwan e fa il banchiere. Il suo status di dissidente ha provocato problemi ai suoi genitori rimasti nella regione a maggioranza musulmana. "Vivendo in esilio mantengo la speranza che un giorno vedrò un monumento che sulla Tienanmen commemorerà i miei amici caduti". Ma non sarà per questo anniversario.

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL



threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram
ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza