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Elezioni Usa, a che punto è la battaglia legale di Trump

02 dicembre 2020 | 18.32
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Afp
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Nonostante i ricorsi presentati in sei stati chiave dopo le elezioni Usa siano finora stati respinti dai vari tribunali, nonostante il crescente imbarazzo degli ambienti repubblicani e nonostante il ministro della Giustizia William Barr - un fedelissimo - abbia dichiarato che "ad oggi" non ci sono prove di brogli tali da "determinare un diverso esito delle elezioni", Donald Trump sembra voler continuare sulla sua strada. Che è quella di denunciare come "truccato" il voto con il quale Joe Biden si avvia a diventare il 46esimo presidente degli Stati Uniti.

La partita - con la prospettiva affatto scontata, come ha ammesso lo stesso Trump in un'intervista a Fox News, di finire davanti alla Corte Suprema - continua a giocarsi nei sei stati nei quali Trump sostiene di aver vinto, senza però aver finora fornito prove convincenti. Sul piano strettamente legale, il Team Trump punta a far scartare per ragioni tecniche centinaia di migliaia di voti, denunciati come non validi o "illegali".

E' una strada tutta in salita, perché i tribunali generalmente in questi casi tendono a non invalidare i voti, se ritengono che gli elettori abbiano agito in buona fede. Inoltre, se anche il presidente Usa dovesse ottenere soddisfazione in uno di questi stati, non gli basterebbe. Avrebbe infatti bisogno di ribaltare il voto in almeno tre stati chiave, per colmare e superare il margine di vantaggio di Joe Biden nel collegio elettorale, i cui delegati esprimeranno il proprio voto il 14 dicembre. Ecco una guida ragionata a quanto è accaduto e potrebbe ancora accadere.

In GEORGIA, uno dei sei stati chiave contestati da Trump, Biden ha vinto con un margine di quasi 13mila voti, accertato dopo il riconteggio a mano. Il voto è stato certificato dal segretario di Stato e dal governatore, entrambi repubblicani, ma la campagna Trump ha chiesto un nuovo riconteggio.

Secondo Trump, il governatore Brian Kemp dovrebbe invocare poteri di emergenza, cancellare la certificazione del segretario di stato e ordinare una verifica di tutte le firme che accompagnano i voti inviati per posta. Per il team di legali del presidente, da questa verifica emergerebbero le prove che molti voti per posta espressi in Georgia sono illegali. Trump ha anche suggerito che le macchinette elettorali elettroniche fornite dalla Dominion Voting Systems e utilizzate nello stato abbiano cambiato il risultato del voto a favore di Biden.

La realtà, sostiene il Washington Post nel tracciare un'analisi degli attuali scenari, è che Kemp in base alle leggi della Georgia non ha il potere di intervenire in materia di elezioni. Inoltre, le firme sono già state controllate due volte: quando gli elettori hanno richiesto le schede per votare per corrispondenza e quando le loro schede elettorali sono state consegnate. Da quel momento, le schede elettorali e le buste che le contenevano sono state separate. Quindi, la richiesta di Trump è di fatto impossibile da soddisfare. Per quanto riguarda le macchinette elettorali Dominion, il riconteggio a mano avrebbe certificato l'accuratezza del voto.

Altro stato contestato da Trump è la PENNSYLVANIA, dove Biden ha vinto con uno scarto di quasi 81mila voti ed il voto è già stato certificato dalle autorità elettorali e i vari ricorsi presentati dal presidente sono stati respinti dai giudici. Trump ha lanciato una serie di accuse di brogli, tra qui quella secondo cui migliaia di voti sarebbero stati misteriosamente 'aggiunti' al bottino di Biden la notte del 3 novembre a Filadelfia e la presunta irregolarità di 2,5 milioni di voti per posta, non in linea con le nuove leggi elettorali dello stato.

In quest'ultima circostanza, la Corte Suprema dello stato ha respinto il ricorso sostenendo che era stato presentato troppo tardi, poiché già due elezioni si erano svolte secondo queste regole, senza che nessuno ne contestasse l'esito. I legali di Trump hanno fatto appello alla Corte Suprema degli Stati Uniti.

C'è poi il caso dell'ARIZONA, vinta da Biden con circa 10.500 voti di scarto. Il voto è stato certificato sia dal segretario di stato, un democratico, che dal governatore repubblicano Doug Ducey Anche in questa circostanza, Trump contesta il voto per posta, sostenendo che vi sono stati dei brogli. In realtà, finora non è emersa nessuna prova di operazioni fraudolente e il presidente e il governatore Ducey, che ha difeso la regolarità del voto nel suo stato, hanno finito per scontrarsi in una polemica dai toni molto accesi.

In WISCONSIN, altro stato chiave contestato da Trump, Joe Biden ha vinto con un margine di oltre 20mila voti. Il suo vantaggio è anche leggermente aumentato dopo che la campagna Trump ha finanziato con 3 milioni di dollari il riconteggio in due contee tradizionalmente democratiche. Anche in Wisconsin il voto è stato certificato dalle autorità dello stato. E tuttavia, la campagna Trump sostiene che a seguito del riconteggio è emerso che circa 220mila voti sono stati espressi "bel al di fuori dei confini delle leggi dello stato" e quindi dovrebbero essere scartati.

Di fatto, in questo caso, i legali del presidente non lanciano accuse di brogli, ma contestano il voto da un punto di vista tecnico e di interpretazione delle leggi elettorali del Wisconsin. Gli argomenti avanzati dalla campagna Trump sono già stati respinti durante il riconteggio e il ricorso davanti al tribunale sembra destinato alla stessa sorte. Inoltre, c'è chi fa notare che se venissero accolti gli argomenti sostenuti da Trump, anche molti voti a suo favore dovrebbero essere scartati.

C'è poi il caso del NEVADA, vinto da Biden con circa 33.500 voti di vantaggio, e dove il voto è stato certificato dalla Corte suprema dello stato. Trump sostiene che sono stati commessi brogli elettorali diffusi, compreso il fatto che sia stato accettato il voto di molti elettori non più residenti nello stato. Il ricorso presentato alla corte federale del Nevada è stato respinto nei giorni scorsi.

La campagna Trump sta però enfatizzando la notizia che un giudice ha ordinato alle autorità della Contea di Clark (la più popolosa del Nevada) di "consentire un'ispezione dell'attrezzatura elettorale e dei contenitori sigillati usati nelle elezioni 2020". Questa ispezione deve essere effettuata prima del 3 dicembre, data fissata per l'udienza davanti al tribunale, nella quale i legali del presidente hanno annunciato che presenteranno le rpove dei brogli elettorali. Gli osservatori dubitano che questo ricorso possa avere un esito diverso dagli latri già presentati in altri stati.

Infine, c'è il MICHIGAN, dove il risultato con il quale Biden ha vinto per 154mila voti è stato anch'esso certificato. Nonostante lo scarto, Trump è proprio sull'esito del voto in Michigan che si è mostrato particolarmente aggressivo, sostenendo che a determinare la sua sconfitta siano stati i presunti brogli attuati a Detroit nel voto postale. Il presidente ha anche tentato di convincere i parlamentari repubblicani dell'assemblea legislativa dello stato ad ignorare il risultato del voto e ad assegnarli i 16 grandi elettori del Michigan. Questo, nonostante la legge - vi sono diverse interpretazioni - non assegnerebbe ai parlamentari statali tale potere.

I legali del presidente hanno anche presentato appello contro la bocciatura del ricorso che avevano presentato poco dopo le elezioni, denunciando brogli nella Contea di Wayne, quella nella quale si trova Detroit. Anche in questo caso, appare difficile che il ricorso abbia il successo auspicato dal presidente.

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