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Renzi: "No veti a sinistra"

29 ottobre 2017 | 13.13
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(Fotogramma)
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Orgoglio per quanto fatto negli anni di governo ("chi ha portato il Paese fuori dalla crisi ha un nome e cognome: Partito democratico"). Visione e programmi per il futuro ("meno tasse sul lavoro e per le famiglie, più diritti"). E alla fine sì, anche l'attesa apertura alle alleanze e alle coalizioni in vista delle prossime elezioni. Matteo Renzi non ha deluso le aspettative e, chiudendo la Conferenza programmatica organizzata al museo ferroviario di Pietrarsa dal team guidato da Maurizio Martina, non ha lasciato cadere la sollecitazione che tutti i big del partito, da Marco Minniti fino al premier Paolo Gentiloni, gli avevano rivolto in questa tre giorni di discussione.

Il segretario ha pescato dal suo bagaglio un lessico quasi inedito, senza tradire però quello che è sempre stato il suo repertorio. Ha attaccato forse solo con un po' più di tatto l'Europa, come aveva chiesto ieri Gentiloni. Ha puntato il dito contro la "tecnocrazia" e il populismo: "La migliore risposta al populismo è la politica e io difendo la politica". Ha riservato fendenti al M5S ("Raggi governa da 500 giorni ed è sempre colpa degli altri; a Torino è sempre colpa di Fassino"), alla Lega e a Berlusconi ("Loro parlano di flat tax, noi le tasse le abbassiamo").

Ha parlato molto di futuro e solleticato l'orgoglio della platea (Boschi, Minniti, Franceschini, Martina, De Vincenti, Pinotti, Madia in prima fila): "Parlano di discontinuità, discutiamone. Ma su cosa? Qualcuno per caso vuole togliere gli 80 euro a chi ne ha bisogno? Io certo, no". Ma soprattutto Renzi non ha fatto in alcun modo sponda alle polemiche. Solo sulle critiche di Pietro Grasso alla fiducia sul Rosatellum, Renzi si è 'irrigidito': "Lo rispettiamo, ma non è condivisibile parlare di fiducia eversiva". Su Bankitalia il segretario ha fatto solo un piccolo accenno ("La vicenda è chiusa, abbiamo abbracciato Gentiloni").

Anche sulle banche e sulle 'falle' del sistema, argomento forte delle critiche di questi giorni a Banca d’Italia, ha lasciato la scena a Matteo Orfini, che prima che Renzi salisse sul palco ha rivendicato il fatto che nella vicenda Visco "il Pd ha difeso le istituzioni, non messo l’eskimo sulla grisaglia". Men che meno il segretario ha toccato palla nel campo delle polemiche interne al Pd. Anzi, ha rivolto un appello: "Basta liti e baruffe, non ce lo possiamo permettere".

Sui temi più strettamente politici, poi, Renzi ha usato i toni più concilianti. Partendo da una constatazione: "C’era un solo modo per sapere chi vinceva le elezioni la sera stessa: bisognava votare sì al referendum. Ma abbiamo perso, ora accettiamo le conseguenze", ha spiegato aggiungendo: "E' evidente che ora ci si impone la coalizione e io condivido che il Pd deve essere perno di un nuovo governo con una coalizione ampia, inclusiva e plurale".

Ma il leader dem ha anche chiarito: "Chiedo di superare gli insulti che abbiamo ricevuto: noi siamo in una totale, trasparente, aperta disponibilità. Ma siccome sono più importanti i voti dei veti, dico che non possiamo permetterci di chiudere la alleanza senza avere il centro e non possiamo mettere veti a sinistra".

Una disponibilità forse non inedita, ma mai declinata in modo così netto. Tanto da lambire anche il delicato tema della leadership: "Siamo una squadra, il problema non è chi di noi governerà ma se governeremo noi o altri. Questa è l'unica cosa che mi interessa: portare il Pd al governo del Paese", ha detto Renzi.

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