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Gabanelli: "Tribune o confronti? Dipende dall'arbitro"

02 aprile 2019 | 14.00
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(Fotogramma)
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di Antonella Nesi

"Obiettivamente il confronto tra più candidati porta degli elementi in più rispetto alla tribuna politica con un solo candidato. E infatti in genere sono molto più seguiti. Ma ci vuole qualcuno che diriga l'orchestra, sennò diventa un pollaio inutile". Parola di Milena Gabanelli che parla con l'AdnKronos del dibattito in corso sull'informazione preelettorale della Rai. E mette in guardia: "La Rai e la commissione di Vigilanza dovrebbero preoccuparsi di più del mancato presidio informativo delle nuove piattaforme, dal web ai social network. Su questo tema la Rai ha un colpevole ritardo, perché esclude dalla possibilità di avere un'informazione adeguata quella fascia di cittadini che ormai si informa solo online".

Quanto ai confronti, "benissimo ma ci vuole qualcuno che dia gli stessi tempi di risposta a tutti e che faccia rispondere tutti sugli stessi temi. Intervenendo se il candidato elude la domanda, per esempio. Ci vuole insomma un arbitro competente e obiettivo che possa essere interprete dell'interesse generale", sottolinea la giornalista.

"Il punto di partenza - afferma Gabanelli - è che la tv pubblica ha l'obbligo di essere imparziale, obiettiva, pluralista, non di parte. Ha il dovere di fornire un'informazione obiettiva al cittadino affinché possa scegliere liberamente. E quindi deve organizzarsi affinché questa comunicazione imparziale sia anche efficace. Certo è che la tribuna politica con il candidato intervistato dal giornalista amico non solo non rispetta questa logica ma è anche di una noia mortale. E il giorno dopo il cittadino non si ricorda nemmeno di cosa si è parlato. Insomma finché la tribuna viene vissuta solo come un obbligo da contratto di servizio, un po' come la tv dell'accesso, non ha grandi speranze di avere appeal".

E comunque, rileva Gabanelli, non si vive di sole tribune. "Le tribune non sopprimono - ricorda - la possibilità per il servizio pubblico di fare approfondimenti singoli o a più voci in altri programmi. E in questo momento secondo me ci sono tante chiacchiere e poca oggettività sul dibattito politico. Ma qualcosa c'è. Lucia Annunziata a mio parere è molto puntuale. Per il resto, in Rai c'è troppa interferenza politica e questo vizia e condiziona anche ottime professionalità, che nella Rai ci sono eccome".

Se la chiamassero a fare un talk politico in Rai accetterebbe? "Non è mai stata la mia aspirazione e nemmeno la mia passione. A me interessa occuparmi di temi che ho il tempo di analizzare e di studiare. Non sono mai stata un animale politico, non è il mio mestiere". Le manca 'Report'? "La tv che facevo prima non mi manca, sennò non l'avrei lasciata. Quello che sto facendo ora con 'Dataroom' (la rubrica di data journalism, con inchieste e approfondimenti, che cura sul Corriere della Sera e che ha anche una 'costola' televisiva su La7, ndr) è un format più adatto alle piattaforme dove ho scelto di stare. Quelle piattaforme che la Rai non presidia, abbandonando a se stesso quella parte di pubblico che non guarda più la tv generalista o non ascolta la radio. E che però paga il canone. E avrebbe diritto ad essere informato", conclude Gabanelli che negli ultimi anni è stata più volte indicata dalle cronache come possibile direttrice 'in pectore' di un grande portale d'informazione Rai.

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