
L'esperto di diritto bancario e già da presidente di Banca Popolare Sant’Angelo all'Adnkronos: "In Germania e Francia nessuna tassa”
Governo e banche, prosegue il confronto. L'ipotesi è tassare gli extraprofitti di 6,2 miliardi di euro calcolati per il 2023 non più al 26%, ma al 27,5%, portando quindi il totale da inserire in manovra da 1,6 miliardi di euro a 1,75 miliardi di euro, ovvero 150 milioni in più. A questa cifra, andrebbero poi aggiunti altri 1,2 miliardi di euro derivanti dall'applicazione della tassazione sulle rendite finanziarie. Allo studio ci sono anche misure sulle Dta e un intervento mirato sulla deducibilità delle perdite, con la quota che verrebbe abbattuta dall'80% al 54%. Gioacchino Amato, avvocato esperto di diritto bancario e già da presidente Banca Popolare Sant’Angelo, avverte all'Adnkronos: "Una compressione della marginalità non è auspicabile in questa stagione di risiko".
Avvocato, è realisticamente fattibile, sul piano tecnico e normativo, un aumento della tassazione sugli extraprofitti bancari dal 26 % al 27,5%? Ci sono rischi di incostituzionalità, retroattività o di contenzioso, come avvenuto per altri “contributi straordinari”?
"Ove dovessero essere previsti fenomeni, anche mascherati, di retroattività, ciò solleverebbe sicuramente dubbi di costituzionalità del tributo. Ricordiamoci che nell'ordinaria operatività bancaria gli utili attuali derivano da erogazioni degli anni precedenti. Inoltre occorrerà vedere se il tributo sarà definitivo o temporaneo".
Cioè?
"L'obiettivo del tributo introdotto nel 2023 era quello di tassare gli utili straordinari generati da un inusuale aumento dei tassi di interesse che avevano comportato un sensibile aumento del margine di intermediazione. Poichè in questo momento storico ci troviamo in una fase di diminuzione dei tassi di interesse non si comprenderebbe la ratio sottesa alla reintroduzione del tributo e si correrebbe il rischio di leggerla come una misura populista in odio ai players bancari che tuttavia rappresentano il fulcro di un'economia produttiva sana. Se poi si introducesse il tributo in via definitiva questo rimarrebbe per sempre, anche negli anni futuri in cui invece i tassi si prevedono in diminuzione".
Altri rischi?
"C'è poi il rischio di una disparità di trattamento rispetto ad altri settori dell'economia che potrebbero rendere illegittima la norma. E' come se, per fare un esempio, tassassimo soltanto i notai, perché notoriamente guadagnano molto, senza tassare anche gli avvocati, i commercialisti, i medici o gli ingegneri".
Quali effetti potrebbe avere sul comportamento delle banche — ad esempio, sulla concessione del credito o sul costo per i clienti?
"Sui tributi sussiste sempre il rischio di una traslazione del tributo sulla clientela. Inoltre una compressione della marginalità comporta sempre un indebolimento di tutti gli istituti bancari e cioè non è auspicabile in una fase storica in cui sono ripartite prepotentemente le scalate, spesso ostili, con diversi soggetti esteri che hanno manifestato interesse per le nostre realtà bancarie".
Esistono misure analoghe in altri Paesi europei? Come si colloca la proposta italiana rispetto a queste esperienze, in termini di equità, efficacia e compatibilità con le regole dell’Unione Europea?
"Per quanto riguarda altre esperienze europee mi risulta che soltanto Spagna ed Ungheria abbiano introdotto un tributo simile ma per aliquote notevolmente più basse, e cioè il 4,8% in Spagna mentre è variabile in Ungheria ed è stato strutturato come un contributo di solidarietà. Ma soprattutto in entrambi i casi si tratta di un tributo temporaneo e non si tratta di un tributo limitato alle banche ma a tutti i settori produttivi ritenuti strategici per l'economia. Nè Germania né Francia hanno ritenuto di introdurre questo genere di tributo" (di Andrea Persili)