'Il prezzo della democrazia in Russia sarà più alto della Perestrojka'

Irina Scherbakova, storica e dissidente russa, riflette sul costo morale del cambiamento, sul ruolo dell'Occidente e sull'eredità del putinismo

'Il prezzo della democrazia in Russia sarà più alto della Perestrojka'
25 ottobre 2025 | 13.48
LETTURA: 3 minuti

"Il prezzo morale da pagare perché in Russia si realizzino dei cambiamenti nella società, e si affermi la democrazia, sarà molto alto e ben più doloroso della perestroika degli anni '90. La maggioranza della popolazione ha per certi versi 'normalizzato' questa dittatura, e la guerra in Ucraina. Trump si è reso conto di quanto sia illusorio sperare di intervenire: oggi il cessate il fuoco nella linea di contatto sarebbe utile, ma il principale ostacolo è proprio Putin. Non vorrei che Zelensky fosse costretto ad aiutare una pace ingiusta". Lo ha detto la storica e saggista russa Irina Scherbakova a Udine, dove ha ricevuto la XII edizione del Premio Friuli Storia, assegnato da una giuria di 346 lettori del Circolo della Storia, che conta oltre 1.600 appassionati diffusi in tutta Italia.

Co-fondatrice dell'Associazione russa Memorial cui è stato tributato il Premio Nobel per la Pace 2022, voce dissidente dichiarata "agente straniero" dal regime putiniano, Irina Scherbakova, è stata insignita del Premio Friuli Storia per un'opera che è insieme storica, politica e autobiografica, "Le mani di mio padre. Una storia di famiglia russa" (Mimesis), che ritirerà questa sera in una cerimonia condotta da Tommaso Piffer, presidente della giuria scientifica del Premio, con Ernesto Galli della Loggia, presidente di Friuli Storia.

"In Russia non spero in cambiamenti rapidi - ha aggiunto Scherbakova – Soprattutto, mi auguro che il conflitto in essere possa trovare una risoluzione che non sia penalizzante per l’Ucraina e non suoni come una sua sconfitta. Nel gioco di ruolo fra Trump e Putin, l’Europa dovrebbe assumere un ruolo: sa bene che non può più affidare la sua difesa agli Stati Uniti, anche per questo dovrebbe aiutare più intensamente l’Ucraina perché la guerra non finisca con la vittoria di Mosca".

"L'evoluzione delle sorti sul campo con l'aiuto europeo contribuirebbe molto più di qualsiasi sanzione economica: finora le sanzioni hanno danneggiato in parte l’economia russa, ma non sono state una catastrofe - ha osservato Scherbakova - Anche le nuove potranno peggiorare la situazione ma non certo incidere sulla fine del conflitto".

Da molti anni - da quando ha dovuto lasciare il suo Paese - Irina Scherbakova ha scelto la Germania per vivere. "Da questo osservatorio mi sono resa conto che l'Occidente per troppo tempo ha faticato a riconoscere l'Ucraina come stato indipendente. C'era l'idea che l'Ucraina dovesse per forza restare sotto l’influenza russa, e tuttora si fatica a percepirne una vocazione indipendente e inserita nella sfera occidentale. La propaganda di Putin ha fatto il resto. Qui tanti rimandano al 'dopo Putin', e io rispondo che dopo Putin potrebbe andare anche peggio. Spero in ogni caso che Putin non finisca i suoi giorni senza un procedimento giudiziario internazionale, che lo chiami a rispondere dei tanti crimini commessi".

Intorno al regime putiniano l'analisi di Irina Scherbakova è lucida e precisa: "lo definirei un regime post-modernista, difficile da leggere per gli ossservatori internazionali: Putin si richiama sempre e solo al passato, non proietta l’idea dell’uomo nuovo in una società nuova, invita a guardare nel passato ma in un tempo che non è mai stato reale e non è mai esistito, come lo racconta. Un passato mitologizzato è il tratto distintivo del putinismo, che vuole riscrivere la storia senza dover ricorrere alle repressioni di massa e al grande terrore. A Putin basta seminare la paura con le repressioni cui assistiamo oggi. E gli serve, soprattutto, l'idea di un nemico, interno o esterno. Per questo è cominciata la guerra in Ucraina: Putin non aveva bisogno di nuovi territori, voleva che l'Ucraina fosse totalmente sotto influenza russa e non nella sfera del 'nemico' occidentale. E poi c'è il mito della vittoria: il regime di oggi ha superato la nostalgia di Breznev e nella sua propaganda risale direttamente a Stalin, l’artefice della sconfitta tedesca che ha chiuso la seconda guerra mondiale". (di Paolo Martini)

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL

threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram

ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza