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Lirica: Corte conti, Fondazioni costano troppo, verificare se tutte sostenibili

07 maggio 2015 | 14.01
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La "perdurante crisi del settore", ma anche "i primi risultati positivi da ricondurre alle disposizioni del decreto- legge 'Valore cultura', adottato dal Governo nell’agosto 2013" e i "costi strutturali eccessivi, soprattutto se rapportati ai ricavi propri spesso modesti", insieme al peso eccessivo dei contributi pubblici portano quindi alla necessità di "verificare se il sistema lirico-sinfonico italiano possa sostenere la presenza di 14 fondazioni". E' quanto evidenzia la Corte dei Conti comunicando gli esiti del controllo eseguito sulla gestione finanziaria delle 14 Fondazioni lirico-sinfoniche per l’esercizio 2013

La facciata del Teatro alla Scala di Milano,  indicato come esempio virtuoso dalla Corte dei conti (Foto Infophoto) - Infophoto
La facciata del Teatro alla Scala di Milano, indicato come esempio virtuoso dalla Corte dei conti (Foto Infophoto) - Infophoto

La "perdurante crisi del settore", ma anche "i primi risultati positivi da ricondurre alle disposizioni del decreto- legge ('Valore cultura'), adottato dal Governo nell’agosto 2013" e i "costi strutturali eccessivi, soprattutto se rapportati ai ricavi propri spesso modesti", con la virtuosa eccezione della Scala di Milano, insieme al peso eccessivo dei contributi pubblici portano quindi alla necessità di "verificare se il sistema lirico-sinfonico italiano, in ultima analisi, possa sostenere la presenza di 14 fondazioni". E' quanto evidenzia la Corte dei conti, Sezione controllo Enti, comunicando in una nota il risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di 14 Fondazioni lirico-sinfoniche per l’esercizio 2013.

"La riforma -si legge nella relazione- ha assoggettato otto delle quattordici Fondazioni lirico-sinfoniche (Opera di Roma, San Carlo di Napoli, Maggio musicale fiorentino, Massimo di Palermo, Comunale di Bologna, Lirico di Trieste, Carlo Felice di Genova e Petruzzelli di Bari) a Piani di risanamento predisposti dal Commissario straordinario di Governo, insediatosi a fine novembre 2013".

"I piani, approvati con decreto ministeriale (risultano, tuttavia, ancora in fase istruttoria presso il Ministero dell’economia e delle finanze quelli relativi a Genova, Bari e Palermo), concedono un prestito a tasso agevolato alle otto Fondazioni per -ricorda la Corte dei Conti- estinguere o ristrutturare la loro consistente esposizione debitoria, ma impongono la riduzione dell’organico e dei costi del personale, incidendo in particolare sui contratti integrativi e l’aumento della produzione. Obiettivo dei Piani di risanamento è, dunque, quello di riportare le Fondazioni interessate in situazione di attivo patrimoniale e di equilibrio del conto economico entro l’esercizio 2016".

Eccessiva dipendenza dai contributi pubblici ed eccessivo peso 'politico' nella governance degli enti che li erogano

A fronte di questo quadro la Relazione della Corte dei conti pone in evidenza come "le quattordici Fondazioni, pur nella specificità di ciascuna, presentino costi strutturali eccessivi, soprattutto se rapportati ai ricavi propri spesso modesti, da biglietteria e abbonamenti e da sponsorizzazioni e partecipazione di privati (costituisce un’eccezione la Scala di Milano) e dipendano dai contributi di Stato, Regioni ed Enti locali in misura elevata (dal 55 al 65 per cento del valore della produzione per i teatri di Napoli, Torino, Venezia e Trieste), o comunque troppo elevata (dal 73 all’86 per cento per i teatri lirici di Bari, Bologna, Genova, Cagliari, Firenze, Roma e Palermo)".

Fanno eccezione, di nuovo, "la Scala, l’Arena di Verona e l’Accademia di Santa Cecilia di Roma per i quali i contributi pubblici rappresentano dal 30 al 45 per cento del valore della produzione". La situazione di crisi economica ha portato "a una riduzione degli apporti dai bilanci pubblici, in particolare degli Enti locali, che continuano ad avere però un peso 'politico' predominante all’interno della governance delle Fondazioni.

La Corte osserva come le "criticità evidenziate appaiono stridenti se confrontate all’enorme prestigio di cui gode l’Opera italiana nel mondo. Degli 11 compositori i cui titoli rappresentano da soli oltre la metà di tutte le rappresentazioni tenutesi nel mondo nel triennio 2011-2013, quattro sono italiani ed occupano, rispettivamente, il primo posto (Verdi), il terzo (Puccini), il sesto (Rossini) e il settimo (Donizetti). Non basta. Delle 19 opere maggiormente rappresentate (pari al 34 per cento di tutti i titoli), 10 sono di compositori italiane e tre (di Mozart) in lingua italiana. Le opere di Verdi e Puccini valgono da sole il 15 per cento del totale delle rappresentazioni".

La Corte ritiene infine "auspicabile il massimo impegno delle Fondazioni per una più forte penetrazione a livello internazionale delle produzioni italiane, quasi sempre di altissima qualità, mentre suggerisce, la ricerca di un migliore equilibrio fra nuove produzioni e repertorio nell’o fferta teatrale italiana".

"Le nuove riforme, quella del 2013, o l’introduzione dell’Art bonus nel 2014 per favorire maggiori contributi dai privati, costituiscono un’importante occasione per verificare se il sistema lirico-sinfonico italiano, in ultima analisi, possa sostenere la presenza di 14 fondazioni", conclude la Corte.

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