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Blockchain

La cacio e pepe e il tartufo finiscono su blockchain

26 luglio 2021 | 07.11
LETTURA: 3 minuti

Non solo gli ingredienti ma anche i processi di lavorazione e la provenienza degli alimenti passano a una certificazione tecnologica, possibilmente con un NFT associato.

 - Da Assotartufai.it
- Da Assotartufai.it

Piatti gourmet e blockchain vanno a braccetto con le ultime novità in materia di difesa e valorizzazione del patrimonio enogastronomico italiano. C’è una startup che si è messa in testa di terminare una volta per tutte il dibattito sui piatti tipici, certificando su blockchain ingredienti, procedimento e paternità. Il progetto si chiama “Romanesco. ristorante tipico” è promosso dalla e realizzato con la partnership tecnica della startup di food tech pOsti. L'azienda offre un servizio di autenticazione delle ricette tipiche e delle relative materie prime, con un certificato digitale che le garantisce in tutta la filiera di produzione. Secondo il suo fondatore, “la sfida non è più solo tracciare le materie prime, ma anche i processi di trasformazione e di preparazione usati per arrivare al piatto pronto”.

Così, la cacio e pepe perfetta finisce su blockchain in un progetto di tracciabilità delle singole ricette della cucina romana, rispettate nell’ortodossia della tradizione, nell’ottica di garanzia di autenticità delle informazioni più rilevanti: autore, territorio, ingredienti, tocco dello chef. L’esperienza al ristorante, allora, assume sfumature ancora più interattive. Ordinato il piatto certificato, si riceve su smartphone una notifica con la storia, la composizione, la lavorazione, i sistemi di cottura, fino al metodo di realizzazione del piatto finale. A quel punto entra in gioco il cliente, perché anche la sua recensione finisce su blockchain, autenticata, codificata e immutabile. Non solo: la piattaforma di pOsti utilizza la blockchain anche per generare un NFT da associare al piatto, come è successo nel corso della serata di presentazione a Vino per Roma. La cacio e pepe dello chef Cacciani, ha generato il suo NFT, gemello digitale del piatto fisico, certificato grazie alla blockchain.

E c’è un altro prodotto tipico che in questi giorni si prepara alla certificazione digitale per proteggerne l’autenticità ed evitare frodi. L’app Truffle Market vuole mettere fine ai tartufi esteri spacciati per italiani sulle tavole dei ristoranti di tutto il mondo. L’app fornisce alla raccolta un certificato di provenienza, utilizzando la tecnologia blockchain che consente l’inalterabilità dei dati attraverso la creazione di un registro di informazioni che si modifica in modo univoco e sicuro, garantendo una tracciabilità affidabile per evitare il deperimento di un prodotto così delicato. Una volta scritti sul registro virtuale, i dati non possono essere modificati e così si avrà la certezza della provenienza del prodotto.

Su Truffle Market vengono messi in vendita direttamente dal cavatore solo i prodotti di alcuni tartufai selezionati aderenti ad AssoTartufai. Il cliente che si registra sulla piattaforma può vedere i prodotti disponibili con una foto e con la descrizione delle sue caratteristiche, il nome del cavatore che l’ha estratto, la località e la data dell’estrazione, il peso e la specie. Con un click si procede all’ acquisto e in 48 ore il tartufo arriverà a destinazione, accompagnato da un certificato di provenienza. L’app è già in funzione e offre un servizio di consegna in appositi contenitori che ne proteggono le qualità organolettiche, e i ristoratori che comprano attraverso la nuova tecnologia riceveranno una targa di riconoscibilità, a garanzia anche dei clienti. Al momento si può acquistare dall’Italia e dall’Europa, ma gli sviluppatori contano di rendere la app presto disponibile per le vendite anche aldilà dell'oceano e in Asia.

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