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Giordania: lotta all'Is, da governo linee guida per sermoni imam

10 novembre 2014 | 11.47
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Giordania: lotta all'Is, da governo linee guida per sermoni imam

Gli imam giordani dovranno predicare l'Islam moderato nelle settemila moschee del Paese. A chiederlo sono le autorità di Amman che hanno imposto regole chiare ai religiosi del Regno che, tramite i loro sermoni, sono chiamati a contribuire alla lotta contro lo Stato islamico (Is). ''Voi religiosi siete le nostre forze sul campo contro gli estremisti'', ha detto ail ministro per gli Affari religiosi Hayel Dawood a centinaia di loro riuniti a Zarqa, a lungo roccaforte di al-Qaeda.

Dopo aver rafforzato le proprie frontiere e messo la propria aviazione e intelligence al servizio della coalizione internazionale a guida Usa, la Giordania si concentra ora sulla realtà interna coinvolgendo oltre cinquemila imam. A loro è stato chiesto di evitare qualsiasi sermone contro re Abdullah II e la famiglia reale, critiche ai leader di Paesi arabi vicini, incitamento contro gli Stati Uniti e l'Europa, incitamento a scontri settari, sostegno al jihad e al pensiero estremista. Dawood ha poi chiesto che i sermoni siano brevi, ''quindici minuti vanno bene'', ricordando che il Profeta Maometto ''era breve e andava al punto, spesso (parlava per, ndr) 10 minuti e non di più''.

600 dollari al mese ai predicatori idonei, governo suggerisce temi sermoni

Agli imam che rispettano le nuove linee guida, il governo prevede uno stipendio di 600 dollari al mese, workshop religiosi, assistenza ai pellegrinaggi alla Mecca. Il ministero ha anche suggerito temi per i sermoni del venerdì e li ha resi disponibili sulla pagina Facebook del governo. Tra quelli proposti, 'sicurezza e stabilità: bisogno di unità in tempo di crisi' o 'l'inizio della stagione delle piogge: misure di sicurezza in preparazione dell'inverno'.

A chi non segue queste linee guida, o a chi apertamente sostiene lo Stato Islamico, saranno applicate le norme previste dalla legge anti terrorismo giordana. ''Non c'è spazio per noi nelle moschee. Non permettono più a nessuno di parlare di 'Stato Islamico''', lamenta però Mohammed al-Shalabi, leader dei salafiti giordani, secondo i quali ''l'Islam di Stato'' imposto da Amman è un favore all'Occidente e accusa l'intelligence giordana di ''scrivere ciò che si deve dire'' in moschea.

Ministro Affari religiosi, tolleranza zero per chi usa pulpito a scopi politici

In Giordania sono attivi 3.400 predicatori, di cui circa duemila religiosi e 1.400 custodi, per settemila moschee. La 'carenza' ha imposto al ministero per gli Affari Religiosi di elargire 2.200 permessi per dire il sermone a ''imam non ufficiali'', ovvero educatori, sheik tribali e cittadini. Chi vuole accedere al pulpito deve registrarsi presso la direzione del ministero e ottenere l'approvazione dell'intelligence. ''Abbiamo predicatori che usano il pulpito per scopi politici, per attaccare individui o lo Stato. Questo non sarà tollerato'', ha chiarito Dawood.

Quest'anno le autorità giordane hanno vietato a 30 predicatori di tenere sermoni. Solo a ottobre, sei sono stati messi al bando per aver denunciato la partecipazione della Giordania nella coalizione internazionale guidata dagli Usa per fermare l'avanzata dello Stato Islamico in Iraq e in Siria con l'accusa di ''diffondere l'ideologia terroristica'' e ''raccogliere sostegno per lo Stato Islamico''. Tra questi anche Ahmed Abu Omar, che il 3 ottobre ha detto che i raid della coalizione colpiscono civili siriani e iracheni. ''Ho solo detto la verità, che la Giordania non dovrebbe partecipare all'uccisione di civili, che è vietata dall'Islam. Dopo mi è stato detto che stavo 'incitando al terrorismo'''.

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