Da Gucci a Balenciaga, perché le prossime fashion week sono già storia

Non si sono mai visti così tanti debutti (ben quattordici) durante le settimane della moda di Milano e Parigi. Grande attesa per Demna, Piccioli, Blazy e Anderson

Demna e Pierpaolo Piccioli (Ipa/Fotogramma)
Demna e Pierpaolo Piccioli (Ipa/Fotogramma)
20 settembre 2025 | 13.30
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Demna da Gucci, Simone Bellotti da Jil Sander, Matthieu Blazy da Chanel, Pierpaolo Piccioli da Balenciaga e tanti ancora. Le prossime Milano e Paris Fashion Week passeranno alla storia. È raro, quasi inedito, vedere così tanti debutti creativi (ben quattordici) concentrati nello stesso momento. In gioco non ci sono solo sfilate, ma nuovi linguaggi e nuove direzioni strategiche di maison che scelgono di ridisegnare la propria identità direttamente sotto i riflettori. A cominciare da Milano, dove le collezioni per la prossima primavera-estate verranno presentate dal 23 al 29 settembre prossimi. Un nome su tutti è quello di Demna, che porta il suo universo provocatorio e concettuale in casa Gucci. Dopo avere scosso le fondamenta di Balenciaga, il designer georgiano dovrà riscrivere la grammatica di un marchio che negli ultimi anni ha fatto dell’eclettismo la sua cifra ma che sta attraversando una fase di forte rallentamento, con vendite in calo e difficoltà a mantenere la rilevanza culturale di un tempo. Con il debutto del 23 settembre si attende un cambio radicale, quasi un reset, ma senza perdere il legame con il desiderio popolare che Gucci è riuscita a generare negli anni passati.

Il giorno seguente, a piazza Castello, Simone Bellotti prende le redini di Jil Sander, marchio simbolo del minimalismo sofisticato, presentando la sua prima collezione nello storico quartier generale del marchio che si affaccia sul Castello Sforzesco. Dopo gli anni da Bally, il suo compito sarà restituire al brand quella purezza di linea e quel rigore silenzioso che lo hanno reso iconico ma attualizzandolo. Restando nel capoluogo lombardo, i riflettori sono puntati anche su Dario Vitale, che venerdì 26 settembre svelerà, con un 'evento intimo', la sua primavera/estate 2026, la prima che firma per la griffe della Medusa. Un'anticipazione del nuovo corso l’abbiamo avuta ad agosto, durante la Mostra del cinema di Venezia. La maison acquistata ad aprile dal Gruppo Prada ha vestito Julia Roberts con una giacca sartoriale blu, camicia a righe e jeans. Un look che ha scatenato i social quando è stato 'riciclato' dalla collega Amanda Seyfried, arrivata in Laguna qualche giorno dopo.

Tra i nomi da cerchiare in rosso anche quello di Louise Trotter da Bottega Veneta. La stilista britannica è nota per il suo approccio raffinato e minimalista, e il mondo della moda guarda con curiosità a come saprà rileggere il Dna del marchio. Le prime anticipazioni, viste su Julianne Moore e Vicky Krieps a Cannes, suggeriscono un ritorno a un’eleganza silenziosa: tailoring asciutto, pellami lavorati con maestria, e un intrecciato che si fa più discreto ma sempre protagonista. Un 'whisper luxury' in piena regola. Spostandoci a Parigi la settimana seguente il carosello di nomi si amplia maggiormente. Su tutti spicca quello di Matthieu Blazy, che dopo aver consolidato la sua reputazione con esperienze da Margiela, Celine, Calvin Klein e Bottega Veneta, è pronto a misurarsi con la sfida più impegnativa di tutte: Chanel. Qui dovrà bilanciare rispetto del mito e desiderio di innovazione, portando avanti l’heritage della maison con il suo sguardo contemporaneo.

Un italiano va a guidare invece una delle maison più chiacchierate e discusse degli ultimi 10 anni: Pierpaolo Piccioli approda da Balenciaga, e il solo accostamento dei due nomi è già una dichiarazione di intenti. Dopo avere riportato Valentino a un’idea di couture contemporanea e inclusiva, l’arrivo dei designer di Nettuno potrebbe segnare un ammorbidimento dei toni più estremi del brand, aprendo a un nuovo, inedito, capitolo. A completare un mosaico di cambiamenti che non ha precedenti recenti ci sono anche Meryll Rogge da Marni, Michel Rider da Celine, Miguel Castro Freitas da Mugler, Mark Howard Thomas al timone di Carven, Glenn Martens da Maison Margiela (che ha spiazzato tutto con la sua prima collezione Artisanal nel luglio scorso) Duran Lantink da Jean Paul Gaultier, Jack McCollough e Lazaro Hernandez da Loewe e Jonathan Anderson da Dior. Per quest'ultimo, dopo il debutto con la collezione prêt-à-porter uomo e i pezzi di alta moda custom visti a Venezia, si tratterà del suo primo vero banco di prova con il prêt-à-porter donna di Dior.

L'attesa è altissima: il designer britannico, già acclamato per il lavoro su Loewe, ha dimostrato di saper intrecciare eredità storica e sensibilità contemporanea, e ora il pubblico si aspetta un debutto 'coi fiocchi', capace di ridefinire il linguaggio femminile della maison senza tradirne l’identità. Di certo c'è che ognuno porterà il proprio bagaglio di esperienze e la propria sensibilità, generando un effetto domino di rinnovamento in questa ondata di nomine che rappresenta un vero reset per i brand. Non si sta solo sostituendo direttori creativi, ma ridefinendo chi vogliono essere in un mercato complesso, dove il pubblico chiede autenticità, identità forti e responsabilità culturale e ambientale. La sfida sarà conciliare visione artistica e risultati commerciali, continuità storica e rottura. Ed è l’inizio di una stagione che rischia di diventare spartiacque per l’intera industria.

Tra tutti i debutti, alcuni promettono di avere un impatto più dirompente: Demna da Gucci potrebbe generare la rivoluzione più visibile, grazie al suo approccio radicale; Piccioli da Balenciaga potrebbe sorprendere con una nuova poesia visiva, mentre Blazy da Chanel è il banco di prova definitivo per la sua maturità creativa. Sarà il confronto tra questi tre giganti a definire il tono dell’intera stagione. Sul fronte del mercato, ci si aspetta una forte reazione immediata: un picco di copertura social, sold out delle capsule e accessori iconici nel giro di poche ore e una spinta alle azioni dei gruppi proprietari delle maison più esposte. Se gli investitori guarderanno ai numeri delle prime settimane come indicatore della direzione futura, la community digitale sarà il vero test: hashtag, meme e discussioni determineranno chi avrà davvero catturato l’immaginario collettivo. (di Federica Mochi)

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