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Nella zona rossa con i vigili del fuoco, dove Amatrice non esiste più

24 agosto 2020 | 16.05
LETTURA: 1 minuti

(Sil/Adnkronos)

Dall'inviata Silvia Mancinelli

Sono passati quattro anni oggi da quando la zona rossa di Amatrice era una macchia di sassi, polvere, luci artificiali. Le urla dei soccorritori da una parte e le flebili richieste d’aiuto dei sopravvissuti dall’altra, sotto a ciò che restava della propria casa. Il rumore degli escavatori, il silenzio assordante al minimo lamento avvertito. Ed ecco i cani, le preghiere, le lacrime. Oggi la zona rossa di Amatrice è un fantasma, con indosso gli abiti strappati di un passato aggrappato sulle spalle di chi vorrebbe guardare al futuro. Il percorso libero dalle macerie è lastricato di mattonelle che erano del negozio di idraulica, della parrucchiera, del gelatiere e più avanti sul ristorante Roma che adesso non ha più nemmeno i resti. Con i vigili del fuoco calpestiamo Piazza cacciatore del Tevere, a ridosso delle rovine del museo civico, passeggiamo su quello che era il corso. Resta, affaticata, la torre, si intravede la filiale di Banca Etruria e una lavatrice in bilico su una montagna di sassi. Davanti, quasi fosforescente rispetto alle nuvole nere sullo sfondo, una croce così grande da voler accollarsi tutta quella concentrazione di morte. Qui, in queste stradine che oggi mescolano confuse sanpietrini e piastrelle, oggi non corre più nessuno. Ad Amatrice piove, oggi è lutto cittadino.

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