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Zingaretti per 'rigenerazione' Pd, ma tensioni dem non si fermano

25 febbraio 2021 | 16.39
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Base riformista contro Orlando

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Il cuore della relazione è ovviamente sul tema all'ordine del giorno: la questione di genere. Ma in un Pd scosso da tensioni quotidiane, con il fronte dei sindaci all'attacco, i veleni di corridoio su uno Zingaretti che sarebbe prossimo alle dimissioni ("Mi ha detto che non è vero", dice Graziano Delrio), e poi problemi sul territorio come il caso esploso tra i dem in Toscana, da ultimo l'intervista di Andrea Orlando che ha fatto infuriare Base Riformista, insomma di fronte a tutto questo il segretario non ha eluso il tema e ha dedicato alcuni passaggi, all'inizio e alla fine della relazione in Direzione, alla questione.

Senza entrare nello specifico dei nodi aperti, di congresso o non congresso. Ma neanche del tema alleanze: non vengono citati i 5 Stelle nella relazione di oggi. Zingaretti ribadisce però che, se si vuole vincere, non si può fare a meno di un sistema di alleanze. Il segretario ha rinnovato l'appuntamento per l'assemblea nazionale del 13 e 14 marzo come primo passaggio per entrare nel vivo della discussione. E parla di "rigenerazione" del partito. "Il 13 e il 14 marzo abbiamo deciso di convocare l'assemblea nazionale per aprire una discussione sul futuro dell'Italia, il ruolo del Pd dopo la formazione del governo Draghi e quanto ci aspetta nei prossimi mesi e anni. E' il tempo di una rigenerazione del Partito democratico".

In Direzione, a quanto si apprende, gli interventi si sono concentrati sul tema all'odg - l'equilibrio di genere - sebbene qualche accenno ci sia stato come conferma Luigi Zanda all'Adnkronos: "Il Pd ha bisogno di un congresso nel quale si discute sulle idee, gli obiettivi e l'identità del partito". Dopo l'emergenza Covid, ovviamente. Anche Barbara Pollastrini ha affrontato il tema. Non lo ha fatto Base Riformista in Direzione, ma fonti dell'area Guerini-Lotti a sera ribadiscono l'esigenza di "una discussione di livello congressuale" specie dopo l'intervista oggi di Orlando. "Che chi ha contribuito a fondare il Pd venga rinchiuso nella definizione di una ridotta renziana non è accettabile". Ma per tutto il giorno, a partire da Andrea Marcucci, è stata polemica sulle parole del vicesegretario.

"Fastidio per le parole di Orlando di stamattina, una caricatura", attaccano da Base Riformista. E ancora: "Una discussione di livello congressuale, per un partito aperto, inclusivo, sulle prospettiva di una grande forza riformista, andrà fatta sicuramente. Base riformista, nelle prossime ore, promuoverà un confronto interno". Una presa di posizione che arriva dopo un diluvio di dichiarazioni. "Mi sembra che il ministro del Lavoro insegua delle ombre per precostituirsi degli avversari interni", dice Marcucci. "Evocare un complotto a danno del segretario Zingaretti è trama degna di un film noir", rincara Dario Stefano. Pure dai Giovani Turchi, area di Matteo Orfini, si attacca: "Antirenzismo senza Renzi? basta inseguire uomo nero che non c'è", dice Vincenzo D'Arienzo.

Il Pd ribolle ma il punto di caduta delle tensioni che attraversano i dem non è ancora definito. Anche chi parla esplicitamente di congresso sa che non è pensabile convocarlo ora tra la pandemia e la variante inglese. Dice Zanda: "I congressi si fanno in presenza, non si possono fare online...". Il senatore Pd parla di "un congresso politico" che "abbia la vista lunga e che pensi a una prospettiva di lungo periodo per il partito". Anche con la leadership in gioco? "Tutti i congressi, quando discutono di linea, poi hanno sempre conseguenze sulla leadership e quindi sarebbe ipocrita pensare che non ne avrebbe", osserva Zanda.

Insomma, se un chiarimento sembra necessario dentro un Pd in fibrillazione, i tempi però su quando confrontarsi non sembrano immediati. Con il rischio di un avvitamento delle tensioni. Come le critiche sulla gestione della crisi, sull'appiattimento sui 5 Stelle, sul 'o Conte o morte' che si rincorrono nelle dichiarazioni degli ultimi giorni. Zingaretti oggi c'è tornato e ha ricordato a tutti che ogni passaggio di quei giorni è stato condiviso in riunioni e tutti i livelli, comprese 4 Direzioni tutte "concluse sempre con un voto all'unanimità".

"La linea politica scelta - dice Zingaretti - è stata condivisa insieme e tutto ha avuto una bussola, un'ispirazione: quella di assecondare, perché condiviso, l'appello del presidente Mattarella di evitare le elezioni anticipate ad ogni costo e ora l'Italia è in buone mani". Ma, avverte il segretario, la fase che si apre con il governo Draghi non sarà semplice.

"Nei prossimi mesi sarà tutto molto più complesso dei mesi passati anche perché la nostra rappresentanza al governo ora è tornata ad essere proporzionale alla nostra forza in Parlamento" una forza esigua "per la terribile sconfitta del 2018 e le scissioni. Da 23 siamo passati a 9" nella squadra di governo "ma se dovremo combattere, lo faremo e ora l'unità nel pluralismo è 100 volte più necessaria per evitare di implodere e allontanarci dalla vita delle persone". E sulla contrazione di posti nel governo, oggi nel Pd è esploso il malessere dell'ex area Martina per il fatto che i dem siano stati costretti a cedere sul Viminale con Matteo Mauri (che Zingaretti oggi ha ringraziato per il lavoro sull'abolizione dei dl Salvini) che non è stato riconfermato.

"Se provassimo ogni tanto - fatemi dire con ironia - per sbaglio, a non polemizzare su tutto -osserva Zingaretti - ma a riuscire a guardare le cose concrete, tutto sarebbe più semplice e ci farebbe capire quale è il Pd che serve: una forza riformista, con contenuti chiari a vocazione maggioritaria e che non vuole essere una forza solo di testimonianza ma che attorno a una propria visione costruisce le alleanze e i numeri per vincere".

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