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Pensione anticipata, ecco come cambia

12 febbraio 2020 | 11.37
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Alla fine del 2021, con la chiusura del triennio segnato da Quota 100, si apre una nuova fase in ambito pensionistico. In particolare, laleggepertutti.it accende i riflettori su coloro che non riescono a maturare i requisiti previsti entro il 31 dicembre 2021.

Viene analizzato il caso di un lavoratore che compie 62 anni nel dicembre del 2021 ma matura 38 anni di contributi solo nel mese di gennaio 2022: questi dovrà attendere, per uscire dal lavoro, il compimento di 67 anni e 6 mesi (in base agli adeguamenti alla speranza di vita previsti per i bienni 2023-2024 e 2025-2026), ossia dell’età utile per ottenere la pensione di vecchiaia ordinaria, o, in alternativa, la maturazione di 42 anni e 10 mesi di contribuzione, più 3 mesi di finestra (requisito utile alla pensione anticipata ordinaria sino al 31 dicembre 2026).

Il lavoratore che non ha maturato 38 anni di contribuzione entro il 2021, si troverà ad attendere oltre 5 anni per una pensione che, in caso di continuazione della quota 100, sarebbe stata “a un passo”.

Per ovviare a questo 'scalone', scrive laleggepertutti.it, nel dibattito trovano spazio nuove tipologie di pensione anticipata: la proposta per la quale attualmente si riscontra un maggior numero di consensi è la cosiddetta pensione anticipata quota 102.

L'ipotesi prevede la possibilità di ottenere la pensione, una volta terminata la sperimentazione quota 100, con 64 anni di età e 38 anni di contributi; altre ipotesi prevedono una “nuova quota 100”, con 64 anni di età e 36 di contributi. Rispetto alla quota 100 potrebbe cambiare, però, il sistema di calcolo del trattamento, per rendere lo strumento sostenibile per le casse pubbliche.

Per arginare i costi che il nuovo anticipo della pensione comporterebbe, si è inizialmente ipotizzato un ricalcolo contributivo del trattamento. In buona sostanza, il calcolo retributivo, basandosi sui redditi più recenti, che normalmente sono anche i più elevati, offre al lavoratore un trattamento migliore rispetto al calcolo contributivo. Nella generalità dei casi, poi, se la retribuzione del lavoratore cala a fine carriera, l’ordinamento offre al lavoratore la possibilità di neutralizzare i periodi che rovinano la retribuzione pensionabile.

Ma qual è la penalizzazione che deriva dal calcolo contributivo? Non esiste una percentuale fissa, ma questa dipende dalla situazione previdenziale complessiva dell’interessato (continuità della carriera, crescita delle retribuzioni, ammontare della contribuzione accantonata…). Spesso, comunque, il ricalcolo contributivo determina un taglio del trattamento che può arrivare al 25- 30%, osserva la leggepertutti.it.

Per questo motivo, la proposta più recente ipotizza una penalizzazione da applicare alla nuova pensione anticipata minore di quella derivante dal ricalcolo contributivo, e pari al 2% per ogni anno di anticipo dei requisiti rispetto all’età per la pensione di vecchiaia, o al requisito contributivo per la pensione anticipata. Il taglio potrebbe arrivare al massimo al 6%.

In base ai calcoli sviluppati dall’Osservatorio previdenza della Fondazione Di Vittorio della Cgil, un operaio con Ccnl metalmeccanico inquadrato nel terzo livello, ad esempio, con 23 mila euro di retribuzione e una carriera lavorativa di 36 anni, senza salti di stipendio, col ricalcolo contributivo per pensionamento a 64 anni passerebbe da 1.145 a 801 euro di pensione lorda, con un taglio del 30%. La pensione al netto della tassazione scenderebbe da 952 (pensione netta senza ricalcolo integralmente contributivo) a 732 euro al mese: una cifra addirittura inferiore rispetto alla pensione di cittadinanza. In totale, l’operaio rinuncerebbe a 51.480 euro netti dai 64 anni fino agli 82.

La riduzione della pensione è maggiore per chi possiede molte annualità che normalmente sarebbero calcolate col sistema retributivo, quindi anteriori al 1996. Inoltre, il ricalcolo è penalizzante anche per i lavoratori part time, che possono beneficiare di vantaggi e neutralizzazioni delle annualità più basse, nella quota retributiva della pensione.

Col taglio del 6%, invece, l’operaio percepirebbe una pensione lorda pari a 1076,30 euro, notevolmente più elevata rispetto alla prestazione ottenuta col ricalcolo contributivo.

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