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Sea Watch

"Rifarei tutto"

06 luglio 2019 | 09.12
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Parla Carola Rackete, capitana della Sea Watch 3: "Non mi sento eroina". E aggiunge: "Non ho sbagliato ad entrare nel porto, unico errore la collisione nata dalla fatica"

(Fotogramma)
(Fotogramma)

"Non ho sbagliato ad entrare nel porto e nelle acque territoriali. L’unico errore è stata la collisione, nata dalla fatica. Comunque rifarei tutto quello che ho fatto, perché era il mio dovere". Lo afferma, in un'intervista a 'la Repubblica' Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3 che parla per la prima volta dopo la mancata convalida dell'arresto e ricorda così i momenti dello sbarco.

Carola Rackete sottolinea che non si aspettava l’opposizione fisica della motovedetta "perché era molto rischioso. Quando ho girato la Sea-Watch per avvicinarmi al molo pensavo che i finanzieri si sarebbero spostati. Ho provato a evitarli con una manovra, ma dal ponte di comando non vedevo bene la motovedetta. È stato un errore di valutazione, l’impatto poteva essere evitato: non sarebbe avvenuto se non fossi stata così stanca. Non dormivo da giorni, venivo svegliata ogni ora, perché c’era sempre qualcosa da decidere". Sul fatto che secondo i pm di Agrigento, non c'era un effettivo stato di necessità, perché i casi medici gravi erano stati fatti scendere, la capitana ha aggiunto: "Non hanno mai parlato con i naufraghi, né con i nostri dottori. Non avevano psichiatri che potessero valutare lo stato mentale del gruppo".

"Abbiamo abbattuto un muro - ha detto ancora Rackete - Quello innalzato in mare dal decreto sicurezza bis. Siamo stati costretti a farlo. Talvolta servono azioni di disobbedienza civile per affermare diritti umani e portare leggi sbagliate di fronte a un giudice. In Germania sappiamo bene che ci sono stati dei periodi bui in cui i tedeschi seguivano leggi e divieti che non andavano bene: solo per il fatto che qualcosa è legge non vuol dire che sia una buona legge".

"Ho visto le mie foto ovunque, i graffiti, lo striscione a Notre Dame. Ma non mi sento un’eroina. Spero che ciò che ho fatto sia di esempio per la mia generazione: non dobbiamo stare seduti ad aspettare, non siamo costretti ad accettare tutto nel silenzio e nell’indifferenza. Possiamo alzarci in piedi, possiamo fare qualcosa, usare il cervello e il coraggio - ha detto ancora la capitana nell'intervista a 'la Repubblica' - . Se ci sono dei problemi, facciamo qualcosa di concreto per risolverli”.

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