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Ritmi implacabili e furia punk, i Prodigy incendiano Milano

18 maggio 2023 | 00.41
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La band britannica in Italia per due date. All'Alcatraz show di un'ora e mezza, omaggio a Keith Flint con 'Firestarter'

Ritmi implacabili e furia punk, i Prodigy incendiano Milano

Uno spettacolo di adrenalina pura e ritmi implacabili. I redivivi Prodigy tornano sul palco dell’Alcatraz, a Milano, dopo una lunga pausa dovuta al Covid ma soprattutto alla tragica e improvvisa scomparsa del carismatico Keith Flint, voce e frontman della band. Dopo appena una manciata di date nel Regno Unito nel 2022, loro terra natale, in venue storiche e raccolte come la Brixton Academy di Londra, dove hanno registrato tre sold out consecutivi, arrivano direttamente in Italia per due date, a testimonianza dell’amore che la band nutre per il nostro Paese. A Milano la band porta in scena uno spettacolo esplosivo come da tradizione, esaltando i fan di tutte le età (tante le teste bianche in platea ma anche i giovanissimi) con un'esperienza che ricorda a tutti (qualora ve ne fosse bisogno) perché sono considerati gli alfieri della musica elettronica più cruda ed intransigente.

Attivi dal lontano 1990, anno in cui Liam Howlett, compositore, dj e mente musicale della band, incontrò a un rave party Keith Flint (prima ballerino poi voce) e Leeroy Thornhill (ballerino), a cui si aggiunse subito dopo tramite un amico comune l’MC Maxim, la loro idea era quella di creare una band di Dj-musicisti-performers perfetta per questo genere di feste. Dapprima portabandiera del movimento rave e poi divenendo sempre più un’entità a sé stante con il loro caratteristico mix di techno, breakbeat e furia punk (con tanto di chitarra e batteria dal vivo nei loro live), i Prodigy dimostrano ancora la loro capacità di accendere la folla e creare un'atmosfera di intensità senza eguali.

Mentre le luci si abbassano al culmine dell’attesa, eccoli apparire sul palco con un fragoroso boato: “Dov’e la nostra gente? Siamo tornati, Italia”. Si parte subito a mille con l’iconico successo ‘Breathe’ e la band non perde tempo a impostare il tono della serata. Segue la potente ‘Omen’, ormai un classico per la band britannica seguita da ‘Wild frontiers’ e ‘Light up the sky’, estratto dall’ultimo lavoro in studio ‘No Tourists’ del 2018. La capacità dei Prodigy di unire il loro sound degli esordi, dall’impronta inconfondibilmente dance con le più recenti sperimentazioni, dimostra la loro crescita artistica e la loro rilevanza incrollabile nel panorama della musica elettronica alternativa.

La sequenza di classici ‘Climbatize’, ‘Everybody in the place’ e ‘Voodoo people’ dai loro primi tre album coinvolge il pubblico evocando una sensazione di nostalgia pur alimentando l'attimo presente, fino a quello che è il momento più emozionante della serata e forse l’apice dell’intero live-set: la versione tributo della celeberrima ‘Firestarter’, dedicata alla memoria di Keith Flint, e qui rappresentato con la sua iconica sagoma disegnata dai laser che solcano il fumo proveniente dal palco. Maxim, in piedi a lato palco, le mani dietro la schiena, lascia idealmente ancora una volta il palco a Keith, come era sempre stato da 25 anni a questa parte su questo brano.

Dopo la violenta ‘Roadblox’ segue un’altra sequenza di classici dalle prime produzioni: ‘No Good’, ‘Their Law’, e ‘Get your fight on’, ed è un crescendo di cori da stadio dal pubblico all’unisono con Maxim, che in questo contesto come non mai tiene fede al suo ruolo di MC o appunto ‘Maestro di Cerimonie’. Il set si chiude con la controversa ‘Smack my bitch up’ ed in platea è un delirio di corpi che saltano e si urtano in un modo che molte band metal possono solamente sognare.

Il gruppo saluta e si congeda ma tutti sanno che tornerà per i bis e infatti eccolo rientrare con un nuovo boato, prima di infilare una sequenza mozzafiato: ‘Take me to the Hospital’ seguita dall’autoesplicativa ‘Invaders must die’. Come da tradizione chiude uno dei brani che li ha messi sulla mappa, ‘Out of Space’ dal loro primo album ‘Experience’ del 1992, subito disco di platino in Uk a cavalcare l’onda della rave culture di quegli anni. È un attimo e il trascinante mix di raggae alternato alle accelerazioni techno riporta il pubblico transgenerazionale presente questa sera all’Alcatraz immediatamente indietro nel tempo.

Il concerto è un perfetto testamento spirituale della band, da sempre ritenuta una delle esperienze live più esaltanti dell’intero panorama alternativo da ormai trent’anni. Nonostante il tempo trascorso e le cicatrici (alcune indelebili) che si portano dietro sono ancora davanti al gruppo, e questa serata rimarrà sicuramente nella memoria dei fortunati che hanno avuto l’occasione di vedere dal vivo quella forza inarrestabile che sono i Prodigy. (di Federica Mochi).

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