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Smog e ambiente, Italia deferita a Corte Ue

07 marzo 2019 | 11.06
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La Commissione europea ha deciso di deferire alla Corte di Giustizia dell'Ue l'Italia per il mancato rispetto della direttiva sulla qualità dell'aria, in particolare per quanto riguarda i limiti massimi consentiti per il biossido di azoto. Deferimento anche per il mancato rispetto della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane; in pratica, per la mancata depurazione delle acque di scarico.

Per quanto riguarda il primo caso, l'Italia avrebbe dovuto adeguarsi agli obblighi previsti dalla direttiva entro il 2010: i limiti da non superare sono due, uno annuale (40 microgrammi per metro cubo) e l'altro orario (200 microgrammi per metro cubo, da non superare per più di 18 giorni l'anno). Anche altri Paesi (Francia, Germania, Regno Unito, Romania e Ungheria) sono interessati da provvedimenti simili.

L'elenco delle zone italiane interessate, provvisorio perché per avere quello definitivo occorre aspettare il deposito dello strumento giuridico in Corte, comprende Torino, Milano, Bergamo, Brescia, la pianura lombarda (non meglio specificata), Genova, Firenze, la costa toscana (non meglio specificata) e Roma (per il periodo 2010-13); Campobasso e alcune aree industriali siciliane (2010-12); Catania per il 2012 e ancora Catania e alcune aree industriali siciliane per il 2014-15. Milano, unica in Italia, ha anche sforato il limite orario nel periodo 2010-13. Il deferimento in Corte, che potrebbe risultare in una sanzione finanziaria, per il superamento dei limiti relativi al biossido di azoto si aggiunge a quello del maggio 2018, in quel caso per i limiti relativi al Pm10.

Per quanto riguarda il secondo deferimento, la procedura di infrazione risale al 2014: lo Stato italiano avrebbe dovuto predisporre, entro il 2005, reti fognarie adeguate e sistemi di trattamento secondario prima dello scarico e, entro il 1998, cioè 21 anni fa, un trattamento migliore delle acque per le aree più sensibili e degli impianti di trattamento biologico delle acque.

La cattiva gestione delle acque reflue riguarda circa 800 Comuni, sparsi in tutta la Penisola: 18 in Abruzzo, 40 in Basilicata, 129 in Calabria, 108 in Campania, 7 in Friuli-Venezia Giulia, 4 nel Lazio, 6 in Liguria, 119 in Lombardia, 46 nelle Marche, 1 in Piemonte, 27 in Puglia, 41 in Sardegna, 176 in Sicilia, 34 in Toscana, uno nella Provincia di Trento, 5 in Umbria, uno in Valle d'Aosta e 26 in Veneto, più un'area sensibile condivisa tra quattro regioni del Nord.

Alcuni degli agglomerati sono molto grandi: si tratta di città come Roma, Firenze, Napoli, Bari e Pisa. Sul trattamento delle acque reflue urbane, cioè in pratica sugli impianti fognari e sui depuratori, l'Italia ha 4 procedure di infrazione Ue aperte, nel complesso: è stato nominato un commissario, Enrico Rolle, che ha competenza sui Comuni oggetto di procedura con deferimento in Corte; con questa procedura si allargherà il suo bacino di competenza. Il deferimento in Corte prelude a possibili sanzioni pecuniarie nei confronti dello Stato italiano.

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