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Sostenibilità: biodiversità, anche i surgelati possono difenderla

16 maggio 2019 | 13.47
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Sostenibilità: biodiversità, anche i surgelati possono difenderla

Biodiversità sempre più a rischio. Questo l’allarme lanciato dall’organismo Onu sulla biodiversità da Parigi nelle scorse settimane che ha invitato a misure di urgenza per arginare la perdita di biodiversità vegetale e animale. Nei prossimi anni potrebbero estinguersi 1 milione di specie animali e vegetali, circa un ottavo di quelle che popolano il pianeta. Per arginare il rischio serve l'impegno di tutti, aziende comprese.

Un gesto concreto arriva da Findus che ha avviato uno studio con l’Università degli Studi della Tuscia per stilare un protocollo di linee guida per conservare e migliorare la biodiversità nelle proprie aziende agricole, circa 700 su tutto il territorio nazionale. Latina, l’Aquila e Foggia le aree interessate dal progetto che verrà poi esteso progressivamente a tutte le aziende con cui collabora l'azienda.

L’iniziativa si inserisce nell’impegno che l’azienda porta avanti da tempo, come dimostra l’adesione alla Sustainable Agricolture Initiative Platform, la principale iniziativa internazionale in materia di agricoltura sostenibile, che porterà entro l’anno ad avere il 90% dei vegetali da agricoltura sostenibile (il 100% dei prodotti più consumati, come minestrone, spinaci e piselli). Non solo, "entro i prossimi sei anni tutti i nostri prodotti ittici e i nostri vegetali saranno approvvigionati in modo responsabile e stiamo mettendo in atto una serie di operazioni che ci porteranno a ridurre le emissioni di CO2", spiega Renato Roca, direttore Marketing Findus.

Lo studio durerà 5 mesi e ha l’obiettivo di valutare e monitorare la biodiversità di tre aree dove è maggiore il numero di aziende agricole che lavorano con Findus. Si tratta di sette aziende agricole 'tipo': tre nell’Agro Pontino e due nell’area della Capitanata, in particolare nel foggiano. Queste aziende sono state selezionate perché sono rappresentative di variabilità ambientale e degli organismi bioindicatori, utili a stabilire degli standard validi da applicare in altre aziende della stessa zona.

Qui sono state installate 12 stazioni di monitoraggio, rilevata la vegetazione di interesse e identificata la fauna presente. Il gruppo di lavoro sta procedendo con lo studio dei territori dove sorgono i campi per mettere in evidenza tutti quegli elementi utili a stabilire il livello di biodiversità. Qualche indicatore? La presenza di alberi, siepi o bordure incolte, ad esempio, come spiega Stefano Speranza, referente scientifico del Progetto del dipartimento Dafne, sono elementi positivi.

“Studiare la biodiversità significa partire dall’osservazione dell’ambiente circostante: la presenza di radure incolte, bordi fioriti o boschetti sono tendenzialmente segnali positivi. Anche gli insetti ci aiutano a capire il livello: la presenza, ad esempio di particolari lepidotteri oimenotteri, così come coleotteri carabidi o collemboli, è un punto a favore della biodiversità ambientale".

La fase finale dello studio, che si concluderà nel corso dell’estate, vedrà l’identificazione dei campioni raccolti e la relativa analisi statistica dei dati. Lo studio di questi dati sarà volto alla stesura di linee guida adottabili per tutte le aziende. Le linee guida che verranno stabilite serviranno ad individuare la tipologia di interventi e le liste di specie vegetali da utilizzare. Sarà una sorta di “vademecum” per gli agricoltori, per dar loro indicazioni concrete sugli interventi da mettere in campo per essere sempre più attenti alla biodiversità.

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