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Il carbone? Si produrrà sull'Amiata

08 ottobre 2018 | 14.11
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La carbonaia sperimentale sull'Amiata (Foto AdnKronos)
La carbonaia sperimentale sull'Amiata (Foto AdnKronos)

Nei boschi dell’Amiata si torna a produrre carbone di legna, attività dismessa alla fine degli anni ’50 ma che ora sta riprendendo e nel 2019 potrebbero arrivare sul mercato i primi sacchetti di ‘Carbone dell’Amiata’ di faggio, di castagno o di cerro, certificato Pefc (ente normatore della certificazione di gestione del patrimonio forestale).

Quindi, carbone tracciabile, proveniente da foreste gestite in maniera sostenibile, a km zero. Una novità, visto che oggi “il carbone arriva dall’Argentina, dalla Cina, dall’est Europa, perché in Italia non si produce se non in maniera amatoriale. Così, invece, garantiremo a chi lo acquista la tracciabilità del prodotto, dalla provenienza al tipo di legna utilizzato”, spiega all’Adnkronos Paolo Franchi del Consorzio Forestale dell’Amiata.

Progetto, ora ancora in fase sperimentale, che fa già gola alla Gdo visto che alcune grandi catene si sono date come obiettivo quello di vendere entro il 2020 solo prodotti tracciabili.

Tutto nasce da un’idea del Consorzio Forestale dell’Amiata, che con il supporto iniziale della Provincia di Grosseto ha partecipato al progetto europeo Biomass Plus riproponendo la produzione di carbone nei boschi dell’Amiata ma introducendo delle innovazioni rispetto alla tradizione.

L’antica produzione prevedeva infatti le carbonaie tradizionali composte da legna tagliata a un metro e disposta a cupola, ricoperta di foglie e terra per evitare l’ingresso di ossigeno e un processo di carbonizzazione molto lungo e laborioso durante il quale era necessaria la continua presenza del carbonaio e in cui la produzione risentiva delle condizioni meteorologiche, in particolare della pioggia.

“Noi abbiamo proposto delle carbonaie moderne con l’utilizzo di forni”, spiega Franchi. Due quelli attualmente in fase di test: un primo forno, acquistato con il progetto europeo Biomass Plus (insieme con un’insacchettatrice e gli strumenti che per insacchettare il carbone); il secondo, acquistato aderendo a un Pif (Progetto integrato di filiera forestale), il Pif Foglie della Regione Toscana, che taglia i tempi di caricamento (grazie alla carica meccanica della legna in rotoballe), passando dalle sei ore del primo forno alla mezz'ora di questo secondo modello.

Ora “stiamo mettendo a punto delle modifiche - spiega ancora Franchi - in particolare, puntiamo ad ottenere una maggiore coibentazione del forno per disperdere meno calore, aumentare così la resa e diminuire i tempi di carbonizzazione che ora si aggirano attorno alle 70-72 ore".

Insomma, se i test del progetto - a cui collabora anche l'Università di Viterbo - andranno bene, presto sull'Amiata si tornerà a produrre carbone, unendo tradizione e innovazione, "e potremo poi aumentare il numero di forni”, conclude Franchi.

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