Emanuela Fanelli, prima 'non madrina' al Lido: "Poche registe italiane? serve più fiducia a monte, dai produttori"

Dal sodalizio con Paola Cortellesi al dibattito su Gaza, la conduttrice della 82esima edizione si racconta e rivela la sua filosofia per sopravvivere al successo: "Bisogna mettere dei paletti quando tutto va bene"

Emanuela Fanelli (Ipa)
Emanuela Fanelli (Ipa)
26 agosto 2025 | 08.49
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C'è un momento, nella serie ‘Call My Agent’, in cui il suo personaggio, eccentrico e sognante, dice a Sabrina Impacciatore: "Non è escluso che Barbera mi chieda di fare la madrina". Era il 2023. Due anni dopo, quella battuta è diventata realtà, anche se con un nome diverso. Emanuela Fanelli non è la ‘madrina’, ma la prima ‘conduttrice’ della 82esima Mostra del Cinema di Venezia. Un cambio di terminologia che lei accoglie con la sua cifra stilistica inconfondibile: l'ironia. "Forse si sono talmente vergognati che ero io che non gli è sembrato il caso di chiamarmi madrina", scherza in un’intervista con l’Adnkronos, per poi aggiungere con più serietà che si tratta di una "modernizzazione del linguaggio". “La parola 'madrina' – spiega - evoca un ruolo puramente d'immagine: si pensa a qualcuno che sorride e saluta. In realtà, le mie colleghe che mi hanno preceduta come 'madrine', e i colleghi 'padrini', hanno sempre condotto concretamente le cerimonie. Penso quindi che il termine sia stato semplicemente aggiornato per corrispondere meglio al compito effettivo, un cambiamento che non riguarda solo me quest'anno, ma riconosce il lavoro svolto anche in passato”.

Dietro la risata e la battuta pronta, emerge una conduttrice dal pensiero lucido e dalla prospettiva ben definita. Quando le si fa notare l'assenza di registe italiane in concorso, proprio dopo il biennio d'oro tracciato da Paola Cortellesi (con cui ha lavorato proprio in ‘C’è ancora domani’) e Maura Delpero con ‘Vermiglio’, Fanelli va dritta al punto: “Spero vivamente che i successi recenti non siano stati una felice parentesi”. “La vera questione, a mio avviso, non riguarda le scelte finali del festival. Non credo affatto che il direttore Barbera o la Biennale abbiano deciso di escludere le donne; hanno semplicemente selezionato i film che ritenevano più adatti a concorrere”, aggiunge.

"Sarei curiosa di sapere quante registe donne c'erano tra i film proposti a Venezia", afferma. "Io credo che il problema sia a monte, sul numero di proposte e su quanto le produzioni investono sulle registe donne. C'è bisogno di più fiducia da parte dei produttori". Non una parentesi felice, quindi, ma l'inizio di un percorso che ha bisogno di più coraggio e supporto dall'industria. “Sono molto fiduciosa”, commenta.

La sua conduzione si colloca in un'edizione carica di tensioni, con il dibattito su Gaza che preme alle porte del Lido. Anche qui, Fanelli sceglie la via dell'onestà intellettuale, parlando "da essere umano" prima che da conduttrice. “Da un lato, il cinema è un'espressione artistica che per sua natura deve dare voce a linguaggi diversi; questa è la base della libertà nell'arte. Dall'altro, stiamo assistendo a un orrore. Per questo, mi sentirei presuntuosa a definire io quale dovrebbe essere la linea guida della Biennale”. “Quello che posso dire è che ci sarà una manifestazione (in programma sabato 30 agosto al Lido), ed è giusto che sia così, perché per undici giorni i riflettori del mondo saranno puntati lì”, dice l’attrice. “Come essere umano, sono profondamente addolorata per ciò che sta accadendo e mi sento vicina alla causa. Per questo ritengo giusto che ci sia una manifestazione e la Biennale darà spazio e attenzione, non verrà ignorata né messa a tacere”.

Emanuela Fanelli arriva a questa vetrina internazionale con la consapevolezza di chi ha fatto una lunga gavetta e che ha poi visto il successo arrivare "in modo molto rapido" negli ultimi anni, dal film della Cortellesi a 'Follemente' di Paolo Genovese. Una rapidità che l'ha costretta a una riflessione profonda per non farsi travolgere. “Ho sentito il bisogno di mettere dei paletti proprio in quel momento, nel pieno del successo. Ho avuto paura di quella pressione, del pensiero 'se non mi cercano più, allora non valgo più nulla'". Invece, aggiunge, “ho capito e sentito profondamente che il mio valore non dipende da questo mestiere. Le qualità che possiedo le avevo anche quando facevo la maestra d'asilo. Questa consapevolezza è fondamentale per me e per le persone che mi stanno accanto. Mi ha permesso di vivere tutto con un sano distacco e di dare al successo il giusto peso, senza sminuirlo”.

Questa lucidità si riflette anche nel suo rapporto con l'amica e regista Paola Cortellesi. Nessuna pressione sul prossimo film, nessuna richiesta. Anzi, racconta un aneddoto illuminante su ‘C'è ancora domani’: dopo che Cortellesi le offrì il ruolo di Marisa, la sua prima reazione fu di diffidenza. "Gli ho detto: 'Non è che devi fare questa cosa perché mi vuoi bene'. E la sua risposta è stata mandarmi a quel paese". Un rapporto sincero, in cui il legame privato, confessa, viene prima di tutto.

Forse agevolato dall'ironia di entrambe: “Credo che una certa predisposizione caratteriale sia necessaria, ma sono anche convinta che l'ambiente in cui cresci sia fondamentale. Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia di persone simpatiche, dove l'ironia era il linguaggio di tutti i giorni”. E infatti alla domanda se si aspetta una chiamata da Hollywood, risponde con una risata: "Ma io dopo 'sta vetrina ho l'ansia che smetto di lavorare pure in Italia, figurati”. (di Loredana Errico)

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