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Sport e Salute, indagine Asi-Swg: solo 4% organizzazioni considera sufficienti ristori

18 aprile 2021 | 15.44
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Dopo il lockdown, tra giugno e luglio 2020, circa il 60% delle organizzazioni sportive aveva ripreso, almeno parzialmente, le proprie attività in sede. Complice anche una stagionalità non favorevole, in agosto la percentuale è scesa al 40%. Questi i risultati dell'indagine quantitativa e qualitativa condotta da Asi (Associazioni Sportive e Sociali Italiane) e Swg - società che progetta e realizza ricerche di mercato - su iniziativa di Sport e Salute.

"Poi settembre e ottobre - si legge - i mesi della speranza e di un’apparente ripresa: in quel momento, l’86% delle organizzazioni aveva riaperto. Due mesi dopo, come conseguenza delle nuove restrizioni, appena il 30% era attivo. Deboli segnali di ripresa tra gennaio e febbraio (40%), ma più di prima le aperture riguardano soprattutto le attività riservate all’agonismo". All’interno di un quadro così incerto, a distanza di un anno dal primo lockdown quasi 1 organizzazione su 2 continua ad erogare servizi online. Per quanto riguarda i servizi online nelle Asd e Ssd sono ancora molto diffusi: li offre il 44% delle organizzazioni sportive. Di questi, il 10% in forma stabile e il 34% occasionalmente.

Tra le organizzazioni sportive attualmente non in grado di erogare alcun servizio in presenza, 1 su 10 dichiara cessata la propria attività e rinuncia all’idea di riaprire, soffocata dagli elevati costi di gestione, la fuga dei propri iscritti e l’insufficienza delle misure di sostegno ricevute per affrontare la situazione. Al Sud, nel complesso, la situazione pare più critica che altrove.

Guardando alle realtà non ancora cessate e in attesa di riaprire, secondo la ricerca, emerge un evidente ridimensionamento dell’attività nel numero di collaboratori, nel bacino d’utenza, nell’andamento dei ricavi. Tra maggio 2020 e febbraio 2021, soltanto il 27% delle organizzazioni si è avvalso di più di 10 collaboratori. Prima del Covid erano il 44% (+17%). Allo stesso modo, la quasi totalità delle organizzazioni (91%) dichiara di aver subito delle consistenti perdite nel numero di iscritti e praticanti rispetto al 2019: oltre il 50% per 4 organizzazioni su 10. Ancora peggiore il dato sui ricavi, con una perdita 2019-2020 superiore al 50% per non meno di 6 organizzazioni su 10 ed una previsione di ulteriore decrescita anche per il 2021.

La pandemia ha stimolato lo sport fai da te, questo il principale timore dei titolari delle palestre. Per quanto riguarda i ristori, emerge che l’83% ha già beneficiato delle misure di sostegno previste dal Governo, soprattutto ristori a fondo perduto per mancati ricavi e incentivi a copertura dei costi di locazione. Ma per più della metà (55%) si è trattato di un paracadute insufficiente. Appena il 4%, di contro, li considera sufficienti a coprire tutte le perdite subite, contro un 41% che li ha ritenuti utili a tamponare solo parzialmente la situazione. Tra chi non ha ancora beneficiato di alcuna misura di sostegno, però, 1 organizzazione su 2 non ha ancora presentato domanda, sintomo o di disillusione o convinzione di non possedere i requisiti necessari.

Il 98% delle organizzazioni a oggi non ancora cessate si dichiara intenzionato a riaprire immediatamente, qualora nel prossimo futuro si concretizzasse un via libera definitivo da parte del Governo. Tra chi ha la consapevolezza di non poter riaprire a pieno regime c’è però anche il timore di dover cessare l’attività entro la fine del 2021 (42%), in particolare tra le imprese più piccole e al Sud del Paese.

Per riaprire in toto e scongiurare quest’eventualità, le organizzazioni sportive sottolineano soprattutto la necessità di incentivi per i costi di locazione, per stimolare nuove iscrizioni da parte dell'utenza e per reinserire i propri collaboratori. L’urgenza e la voglia di riaprire quanto prima si accompagna ad un senso di cautela e alla necessità – in assenza di sostegni ulteriori – di procedere con l’erogazione di servizi minimi in attesa di tempi più certi.

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