Un’analisi pubblicata da Rolling Stone svela come un ristretto cluster di account fake abbia orchestrato una campagna diffamatoria mirata, trasformando teorie del complotto in dibattito mainstream dopo l’uscita di "The Life of a Showgirl"
Le ondate di indignazione che spesso travolgono i social media potrebbero essere molto meno spontanee di quanto appaiano in superficie, come dimostra un recente caso di studio focalizzato sulla superstar Taylor Swift. Secondo una nuova ricerca condotta dalla startup di behavioral intelligence GUDEA e pubblocata da Rolling Stone, la violenta reazione online seguita all'uscita del progetto The Life of a Showgirl, dodicesimo album della cantautrice, è stata in larga parte il frutto di un'operazione coordinata. L'analisi, che ha preso in esame oltre 24.000 post e 18.000 account su 14 diverse piattaforme digitali in un arco temporale di due settimane, ha evidenziato una sproporzione statistica allarmante: appena il 3,77% degli account monitorati è stato responsabile del 28% dell'intero volume di conversazione riguardante l'artista e il suo album.
Questo nucleo ristretto di utenti, il cui comportamento tradisce una natura evidentemente coordinata o automatizzata, ha avuto il compito preciso di insinuare nel discorso pubblico i contenuti più polarizzanti. Il report sottolinea come la strategia di questi attori malevoli si sia basata sulla diffusione di teorie del complotto estreme, che spaziavano da presunte allusioni naziste nell'opera della cantante fino a speculazioni su legami ideologici con il movimento MAGA di Donald Trump. Particolarmente insidiosa è stata la narrazione costruita attorno alla relazione della Swift con il fidanzato Travis Kelce, dipinta come intrinsecamente conservatrice, il tutto paradossalmente confezionato sotto le mentite spoglie di una critica proveniente da sinistra.
L'operazione non è stata costante, ma chirurgica, concentrandosi in due specifici picchi di attività anomala identificati dai ricercatori. Il primo incremento di traffico sospetto si è verificato tra il 6 e il 7 ottobre, a ridosso del rilascio dell'album, momento in cui circa il 35% dei post analizzati proveniva da account che agivano più come bot che come esseri umani. Georgia Paul, responsabile del customer success presso GUDEA, ha notato come la natura ideologicamente carica dei commenti suggerisse fin da subito la presenza di attori manipolativi dietro le quinte.
Il secondo e più massiccio attacco coordinato è stato registrato tra il 13 e il 14 ottobre, in concomitanza con il lancio di una collezione di merchandising. In questa occasione, la percentuale di post condivisi da account inautentici è salita a circa il 40%, dominando quasi totalmente la narrazione: il contenuto di natura cospirazionista ha rappresentato infatti il 73,9% del volume totale della conversazione. I dati mettono in luce la vulnerabilità del discorso pubblico online, dove una minoranza tecnica e coordinata è in grado di falsare la percezione della realtà, amplificando artificialmente il dissenso per danneggiare la reputazione di un personaggio pubblico.