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Ucraina, volontario Mediterranea torna in Italia: "Laggiù tanto patriottismo e solidarietà"

04 aprile 2022 | 20.51
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Finisce l'incubo per Volodymyr, il cittadino italo-ucraino bloccato nel Paese devastato dalle bombe. Arrivato per i funerali del padre non era più riuscito a varcare la frontiera. "Non vedo l'ora di riabbracciare la mia famiglia"

(Afp)
(Afp)

Per quasi un giorno e mezzo non ha mangiato, ha dormito su una panchina alla frontiera con la Slovacchia. "Faceva un gran freddo, la temperatura era sotto lo zero. Mi sentivo un barbone, ma non mi importava. Il mio unico pensiero era riuscire a tornare casa". Respinto per tre volte di fila. Accusato di essere un disertore. Così come è successo ieri, quando alla frontiera ucraina di Korczowa, Volodymyr Grygorovych Znameroskyy, volontario di Mediterreanea Saving Humans con doppia cittadinanza, italiana e ucraina, è stato ancora una volta fermato. Adesso che è in viaggio verso casa, a Mogliano, è un fiume in piena. "Non vedo l'ora di riabbracciare mia moglie e i miei due figli. Sono felicissimo, ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato", dice all'Adnkronos.

Alle spalle si lascia un "Paese devastato" ma con "grande patriottismo e unità". In Italia lui è arrivato per studiare all'Accademia delle Belle Arti, a Venezia. Poi i primi lavori da pittore, la laurea in Beni culturali alla Ca' Foscari e i primi ingaggi come guida turistica a Modena e Venezia. Dieci anni fa il trasferimento in provincia di Treviso e la gioia della nascita dei figli. E' soprattutto a loro che ha pensato in queste lunghe settimane trascorse in un'Ucraina devastata dalle bombe. "Ho temuto che non li avrei più abbracciati". 

A Kiev Volodymyr era arrivato lo scorso 20 febbraio. Per seppellire l'anziano padre. "Sono partito con uno zainetto - racconta -. Dentro poche cose, il vestito per il funerale e quanto mi sarebbe servito per restare una settimana. Giusto il tempo di sbrigare tutte le pratiche burocratiche". Il 22 la cerimonia funebre, il 24 lo scoppio della guerra. "Quella mattina al risveglio mia madre mi dice delle esplosioni in aeroporto. Pensai che avrei potuto avere qualche problema a rientrare in Italia, ma non ho realizzato subito quello che stava accadendo".

La consapevolezza di un Paese che entrava in guerra si fa strada in lui solo la sera. Con una macchina noleggiata inizia il viaggio verso Leopoli. "I treni erano strapieni, mi sono detto che in auto avrei fatto prima", ricorda. Trentacinque ore per percorrere quasi 600 chilometri. "Era un tappeto di macchine, cinque corsie interamente occupate da vetture che cercavano di raggiungere Leopoli. Ogni 10 chilometri un incidente stradale".  L'incubo per lui inizia a prendere corpo il giorno dopo. "Sono arrivato alla frontiera con la Slovacchia, convinto che da lì avrei raggiunto più facilmente Venezia. Una volta giunto, però, i militari mi hanno controllato il passaporto. 'Non puoi uscire', mi hanno detto. E' stato uno choc". In base alla legge marziale Volodymyr avrebbe dovuto rimanere a combattere in patria. "Spiego loro che sono un cittadino italiano, ma mi rispondono che comprendono la mia situazione, che è un caso raro ma che non possono disobbedire agli ordini militari. Faceva un gran freddo, ma pensai che la mattina successiva sarei stato più fortunato. Decisi di aspettare, trovai una panchina e mi sistemai per trascorrere la notte". L'indomani, però, il copione si ripete per altre due volte. Identico. "Ero entrato a Kiev utilizzando il passaporto ucraino per evitare la quarantena da Covid a cui sarei stato sottoposto come italiano. Dovevo seppellire mio padre e ripartire. Non potevo certo pensare che sarebbe scoppiata la guerra. Nessuno poteva crederlo".   

Dopo il terzo tentativo per Volodymyr è arrivata la paura. "In balia dell'incertezza. Mi sono chiesto quando avrei potuto rivedere la mia famiglia. Ero stato improvvisamente sradicato dal mio mondo e dalla mia vita". Immigrato anche se nel suo Paese. "In questi 30 anni sono tornato appena una decina di volte in Ucraina, soprattutto negli ultimi tempi per assistere i miei anziani genitori. La mia casa è l'Italia". E a casa arriverà domani mattina. Portandosi dietro, però, le immagini dei profughi di Leopoli. "Ho visto pullman pieni di bambini. Scendevano con i volti seri e gli zainetti sulle spalle e risalivano subito dopo su altri bus che li avrebbero portati oltre la frontiera, in Polonia. Uno dietro l'altro i bus arrivano e ripartono. E' così tutto il giorno, tutti i giorni. A Leopoli i volontari stanno facendo un gran lavoro, chiunque arriva è accolto con un pasto caldo e una coperta. Ho visto un grande patriottismo, tanta umanità e unità".

Adesso il pensiero è rivolto alla madre. Vive a Kiev. Dalla città sotto assedio non vuole andare via. "'Resto qui. Il mio udito non è più quello di una volta. Non sento le bombe e riesco a dormire', mi ha detto. Qualche giorno fa un missile ha colpito un palazzo a poca distanza dalla sua casa...La gente ormai si è abituata alle bombe e alle sirene". E lei tornerà in Ucraina? "Tornerò, ma non subito. Adesso voglio solo stare un po' con la mia famiglia..." (di Rossana Lo Castro)

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