(Adnkronos Salute) - "La ricerca clinica ci ha fornito mezzi efficaci per ridurre le conseguenze di un ictus - prosegue Zanchetti - sia diminuendo la mortalità in fase acuta sia evitando o limitando gli esiti di disabilità". Tuttavia "questi successi sono possibili solo grazie all'integrazione e alla continuità delle cure, che vanno dagli interventi immediati in fase acuta nelle Stroke Unit, alla riabilitazione specialistica per correggere e alleviare la disabilità residua, alla prevenzione secondaria delle recidive di ictus che ha sfatato il vecchio detto della medicina: 'semel apoplecticus, semper apoplecticus'".
"Per la sua elevata incidenza e per l'alto rischio di disabilità permanente - sottolineano Giuseppe Micieli e Alessandra Persico, del Dipartimento di neurologia d'urgenza dell'Irccs Mondino di Pavia - l'ictus è un problema assistenziale, riabilitativo, sociale ed economico di grandi dimensioni, rendendo conto del 2-4% della spesa sanitaria totale nelle nazioni sviluppate". Il modello Stroke Unit si è dimostrato efficace e cruciale, ma ancora oggi "l'offerta assistenziale è assai diversa nelle varie regioni italiane e nelle differenti realtà sanitarie della stessa regione".
Dal Rapporto dell'Auxologico emerge anche l'importanza di una collaborazione fra più figure professionali, della presenza in Stroke Unit di personale adeguatamente 'allenato', e del trattamento tempestivo di fibrinolisi o trombolisi endovenosa, per sciogliere il 'tappo' nelle arterie che scatena l'evento ischemico. "E' l'unico trattamento dell'ictus cerebrale ischemico riconosciuto efficace in acuto - assicura Vincenzo Silani, direttore dell'Unità operativa di neurologia-Stroke Unit dell'Irccs milanese - L'efficacia del trattamento dipende dalla finestra temporale: più precocemente si effettua, migliore e la prognosi".
