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Sanità: il chirurgo da Gaza, 45 interventi ieri fino alle 3 di notte

31 luglio 2014 | 18.10
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Sanità: il chirurgo da Gaza, 45 interventi ieri fino alle 3 di notte

(Adnkronos Salute) - "Sono un chirurgo toracico da 35 anni, qui ho visto qualcosa di diverso dal solito: cosa vuol dire chirurgia di guerra. I feriti arrivano in pronto soccorso 'a gittate', poco dopo ogni bombardamento. Per la maggior parte sono giovani, anche bambini, con fratture esposte, traumi cranici e addominali, vasi e arterie 'stracciate' dalle schegge delle granate. Ieri la giornata peggiore: siamo stati in sala operatoria dalle 18-19 alle 3 di notte, per 45 operazioni". E' la testimonianza del chirurgo di Medici senza Frontiere Cosimo Le Quaglie, sul campo a Gaza dal 16 luglio, presso l'Ospedale generale di Al Shifa, una struttura in centro.

"Sono venuto qui dopo una tappa inattesa tra Parigi e Gerusalemme - racconta il chirurgo all'Adnkronos Salute, raggiunto telefonicamente "mentre sono in corso i bombardamenti" - perché anche se tutti i documenti e i permessi erano stati fatti, non si riusciva a entrare. Si può dire comunque che sono arrivato subito dopo l'inizio della crisi, e ieri è stata la giornata peggiore per numero di morti e feriti. L'ospedale ha 8 sale operatorie e un centro ustioni, ed è vicino ad altre cliniche, tre delle quali sono state abbattute, per questo i pazienti sono stati portati da noi. Si tratta di un buon ospedale, attrezzato però con uno strumentario vecchio di 10 anni rispetto a quello che usiamo noi", riferisce Le Quaglie, che in Italia dopo 5 anni all'Int di Milano ora lavora all'Irccs Crob di Rionero in Vulture.

"Mi hanno spiegato - racconta ancora - che le lesioni che vediamo sono l'effetto delle granate: le schegge schizzano come mine impazzite ed entrano nel corpo, provocando anche minuscole ma pericolose perforazioni. Una sfida per un chirurgo". Anche l'organizzazione dell'assistenza ha creato qualche problema. "Fino a pochi giorni fa, all'arrivo dei feriti in pronto soccorso - racconta - si creava il caos, con 4-5 medici su ogni paziente, ma ora mi sembra che si sia impostato un approccio più organizzato".

Un aspetto di cui si parla poco, secondo il chirurgo, è il numero di vittime tra gli autisti delle ambulanze. "Raccogliere i feriti e trasportarli da noi è diventato pericolosissimo, come testimoniano i numeri delle vittime resi noti dal ministero della Salute".

In questa situazione "così drammatica, tanto che spero ogni giorno che qualcuno si metta una mano sul cuore e ponga fine a questa guerra", Le Quaglie ricorda una storia a lieto fine, che ha segnato il suo 'primo giorno' di lavoro. "Ero appena arrivato e ho insistito per operare un ragazzo con una scheggia nella vena cava. E' andato tutto bene, e lui è tornato a casa dopo tre giorni. Questo mi ha anche garantito la stima dei colleghi, per i quali ero un perfetto sconosciuto", conclude.

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