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13 maggio 2020 | 08.52
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Lavoro. Molte industrie in Germania stanno pianificando di tagliare posti di lavoro a causa della crisi economica scatenata dalla pandemia di covid. In aprile ad esempio, secondo una ricerca dell'istituto Ifo, il 58 per cento dei ristoranti e delle aziende di catering ha deciso di licenziare o di non prolungare i contratti a tempo determinato; la percentuale è del 50 per cento tra alberghi e agenzie di viaggio. Nel settore automobilistico, il 39 per cento delle aziende ha preso la stessa decisione e finora, in media, il 18 per cento delle imprese in Germania ha tagliato personale.  Commercio. Saranno i negozi e quindi il commercio al dettaglio i più colpiti dal coronavirus. Secondo Confcommercio, quasi 270 mila imprese, circa il 10% del totale, rischiano di sparire, e un'impresa familiare su due a Milano potrebbe chiudere alla fine dell'emergenza. Il problema è l’azzeramento dei ricavi a causa della mancanza di domanda unito all’elevata incidenza dei costi fissi, come l'affitto. I settori più colpiti sono ambulanti, negozi di abbigliamento, bar e imprese legate alle attività di intrattenimento e alla cura della persona.  Industria. Battuta d'arresto della produzione industriale in Italia nel mese di marzo. Come rileva l'Istat, con la chiusura di gran parte delle fabbriche per il lockdown, è diminuita di quasi il 30 per cento rispetto a febbraio, con marcate riduzioni in tutti i comparti: variazioni negative caratterizzano i beni strumentali, i beni intermedi, i beni di consumo e l’energia, in calo del 10 per cento rispetto al mese precedente.  Fisco. Almeno fino alla fine dell'anno l'Iva non si pagherà sui prodotti indispensabili per affrontare l'emergenza covid19 e proteggersi dal virus, dai ventilatori polmonari alle mascherine. E' quanto scritto nella bozza del Dl Rilancio. Nell'elenco ci sono, appunto, le strumentazioni delle terapie intensive, le mascherine chirurgiche, i guanti in lattice, le visiere, i camici chirurgici, i termometri e i disinfettanti in gel per le mani.  Agroalimentare. Il business della mafia nell'agroalimentare vale 24,5 miliardi di euro e secondo la Coldiretti ci sono 5mila ristoranti in mano alla criminalità organizzata. Secondo il rapporto Agromafie, è un business strategico in tempo di crisi perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile. Le difficoltà economiche del settore turismo e ristorazione rappresenterebbero i momenti maggiormente privilegiati per reinvestire denaro. Il rischio è compromettere in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti.

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