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Corruzione, Csel: Italia migliora in Indice percezione ma ancora molta strada da fare

Costa al Paese circa 237 miliardi l’anno. Preoccupano ritardi su norme whistleblowing

Immagine di archivio - FOTOGRAMMA
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13 febbraio 2022 | 19.35
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L’indice annuale 2021 del Cpi (Indice di percezione della corruzione), reso noto da Trasparency International Italia, ha evidenziato un balzo in avanti di 3 punti registrato dal nostro Paese, passato da 53 a 56. Rispetto al 2012, vale a dire al momento dell’entrata in vigore della legge Severino, l’Italia ha guadagnato ben 10 posizioni in classifica, passando dalla 52esima alla 42esima posizione. Un segnale positivo, questo, che testimonia un aumento di fiducia nel nostro Paese al quale, però, resta ancora moltissima strada da fare prima di poter derubricare i fenomeni corruttivi a un problema di secondo piano. Basti pensare che, secondo il Centro Rand, la corruzione costa all’Italia circa 237 miliardi l’anno. Una cifra che rischia di essere ulteriormente alimentata dalle risorse straordinarie messe in campo per risollevare l’economia del nostro Paese nel post-pandemia. A evidenziarlo un dossier realizzato da Csel (Centro studi enti locali) per l'Adnkronos.

Ci stiamo muovendo con sufficiente tempestività per evitare che questo accada? Sicuramente - sottolinea Csel - si registrano segnali positivi, come il protocollo di intesa siglato dall’Anac e dalla Guardia di Finanza che ha al centro proprio la collaborazione su temi come la prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, le verifiche sull’osservanza degli obblighi di pubblicità e trasparenza, gli accertamenti in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi e i controlli nel settore della contrattualistica pubblica.

Preoccupano, però, alcuni ritardi - avverte Csel - come quello sul recepimento della direttiva Ue 2019/37 in materia di whistleblowing, il cui termine è scaduto il 7 dicembre scorso e che è un adempimento fondamentale per integrare e modificare quanto già previsto con la legge del 30 novembre 2017, n. 179. L’urgenza di rafforzare questo strumento e rassicurare chi intenda avvalersene è testimoniata anche da quanto osservato da Centro studi enti locali che ha messo in evidenza come, tra il 2018 e il 2021, ci sia stato un preoccupante calo del 45% del numero di segnalazioni di illeciti inviate all’autorità nazionale anticorruzione.

Ma che cos’è il Cpi? "È un mezzo utilizzato in 180 Paesi per misurare, appunto, la percezione della corruzione nel settore pubblico e tale valutazione si basa su 13 strumenti di analisi ai quali vanno poi aggiunti sondaggi condotti da esperti della materia. La metodologia utilizzata viene parzialmente modificata ogni anno per avere un dato sempre più attendibile in relazione ai diversi Paesi esaminati. Il risultato derivante dall’utilizzo di questi strumenti permette di attribuire, ad ogni Paese, un punteggio relativo all’efficacia che ogni sistema nazionale adotta per combattere, ma soprattutto prevenire, la corruzione", chiarisce Csel.

In generale, i risultati del Cpi 2021, a parte la nostra performance, sono sostanzialmente stazionari rispetto a quelli del 2020, con un punteggio medio globale molto basso, pari a 43/100, e con due terzi dei Paesi che hanno un punteggio sotto la soglia di 50/100. Sul gradino più alto del podio Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda, con 88 punti, mentre gli ultimi tre posti in graduatoria sono occupati da Somalia e Siria, con 13 punti, e Sud Sudan con 11 punti. Ultimo dei Paesi Ue è la Bulgaria con 42 punti, che si contrappone ai Paesi del Nord Europa che, di contro, vantano una lunga storia come primi della classe nella rilevazione della percezione della corruzione.

Anche il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno incassato punteggi più alti dell’Italia, che è stata superata, per esempio, anche da Emirati Arabi Uniti, Taiwan, Cile, Qatar, Capo Verde, Costa Rica e Slovenia e ha lo stesso punteggio della Polonia e dell’Isola di Santa Lucia.

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