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In viaggio verso la Polonia la pistola con cui Agca sparò a Papa Wojtyla

17 marzo 2014 | 21.12
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In viaggio verso la Polonia la pistola con cui Agca sparò a Papa Wojtyla

"Un oggetto di violenza e di morte che può raccontare la lotta per la vita e diventare segno del perdono". E' nelle parole del capo del Dap, Giovanni Tamburino, il significato del 'passaggio di consegna' della pistola con cui Alì Agca il 13 maggio 1981 sparò a Giovanni Paolo II. La Browning HP., calibro 9 Parabellum, matricola 76C23953, una vera e propria arma da guerra custodita nella sede del museo criminologico del Dap, diretto da Assunta Borzacchiello, è stata consegnata al direttore della Casa famiglia di Karol Wojtyla a Wadowice in Polonia, monsignor Dariusz Ras. Il prestito avrà la durata di tre anni.

"C'è un rapporto di profondo affetto e amicizia tra Italia e Polonia - ha ricordato il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - questa arma è un segno negativo, di violenza, ma testimonia anche il perdono che il Papa ha donato al suo attentatore. La storia - ha rimarcato Tamburino - va conservata, e deve costituire momento di riflessione, anche nei suoi aspetti negativi, perché l'uomo progredisca ed eviti di ricadere negli stessi errori e nella banalità del male".

"Questa pistola - racconta Franco Bucarelli, una vita come vaticanista Rai - veniva da un armaiolo di Zurigo. Il Lupo grigio Alì Agca avrebbe voluto mirare alla testa del Pontefice, ma si trovò davanti il corpo di una bimba, Sara Bartoli, che Giovanni Paolo II prese in braccio. Allora puntò l'arma per colpire l'intestino, perché sapeva che una volta colpito, la morte sarebbe sopraggiunta di lì a pochi minuti". Bucarelli mostra in conferenza stampa anche il sampietrino accanto al quale fu ritrovata l'arma. "Un testimone - dice - anch'esso di quel giorno terribile che è rimasto nella storia dell'umanità".

"La Browning - spiega monsignor Ras - è un oggetto che racconta una storia terribile, ma alla fine dice la vittoria della vita e della sofferenza del Papa. Nel museo mediatico di Wadowice, sarà esposta come oggetto emblematico, che però non dice la fine di una storia". Alla cerimonia di consegna dell'arma ha partecipato anche Simonetta Matone, capo Dipartimento Affari di giustizia, e l'ambasciatore polacco presso la Santa Sede Piotr Nowina-Konopka.

Il museo della Casa di famiglia di Giovanni Paolo II di Wadowice, che sarà inaugurato il prossimo 9 aprile, potrà contare anche su un altro dono, che arriva dalla direzione del Policlinico Gemelli: Maurizio Guizzardi, direttore del Gemelli e Giorgio Menenschincheri, responsabile delle relazioni esterne dello stesso Policlinico, hanno infatti annunciato la donazione definitiva del letto, del comodino e degli arredi completi della stanza d'ospedale che per cinque volte videro i ricoveri e la degenza del Papa dell'Est al Gemelli.

EX PM MARINI: PISTOLA CON CUI SPARÒ AGCA RIMANE NELLA STORIA - ''Il processo ha accertato che ha sparato solo un'arma: quella pistola''. Antonio Marini, avvocato generale in servizio alla procura della Repubblica presso la Corte d'Appello di Roma, parla così all'Adnkronos della pistola utilizzata nell'attentato a Giovanni Paolo II.

Per quindici anni Marini ha indagato sul più clamoroso attentato terroristico messo a segno in Italia. Ha girato mezzo mondo, ascoltato circa 1.000 testimoni, avviato tre istruttorie, compiuto oltre trenta rogatorie. ''La ricordo anche in aula, quell'arma - spiega il magistrato - è un pezzo di storia giudiziaria ma anche dell'umanità. Testimone di un'azione di terrorismo, senza precedenti. Di quell'attentato - rimarca - abbiamo un'unica foto, ce l'ho sempre nel mio ufficio...''. E' un'esclusiva dell'Adnkronos, la prima agenzia al mondo a battere la notizia e a diffondere la fotografia del momento in cui Mehmet Ali Agca punta la pistola contro Karol Wojtyla. Sono le 17.17 del 13 maggio 1981, a piazza San Pietro scorre il sangue di un Papa.

''Abbiamo solo questo scatto - sottolinea il magistrato della Corte d'Appello - in quel fermo immagine non c'è il volto dell'attentatore ma si vede la mano e quella pistola. Una foto storica. Il processo ha accertato che Ali Agca fu l'unico a sparare, proprio con quell'arma''.

''Subito dopo l'attentato - ricostruisce Marini - la pistola cadde a terra. Una giovane religiosa bergamasca, suor Lucia Giudici, oggi suor Letizia, colse un momento di panico dell'attentatore per saltargli addosso e bloccarlo, mentre stava per fuggire. Così si riuscì a recuperare quell'arma, e Agca, il 'lupo grigio', fu catturato''. Quella giovane suora si chiamava suor Lucia, come l'ultima veggente di Fatima, la donna che ha custodito il 'Terzo segreto'.

Quella 'Browning H.P.' calibro 9, ''è anche un simbolo - sottolinea il magistrato - non a caso Giovanni Paolo II spiegò: 'Una pistola ha sparato, una mano ha deviato' quel proiettile'' che per volontà del Papa dell'Est fu incastonato nella corona della Madonna di Fatima.

Il turco Ali Agca, sottolinea l'ex pm, ''ha fatto di tutto per depistare il processo. Sull'attentato a Giovanni Paolo II resta un gigantesco punto interrogativo: Agca ha agito da solo o con la complicità di bulgari che lui aveva chiamato in causa? Queste persone sono state assolte; l'ex lupo grigio fin dalla prima udienza simulò la follia, dichiarando di essere Gesù Cristo e in tal modo rendendo poco credibili le sue precedenti dichiarazioni di chiamata in correità di altri terroristi. Ma noi - conclude Marini - abbiamo fatto tutto il possibile per accertare la verità su quei fatti''.

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