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Mafia, fratello piccolo Di Matteo: "Spatuzza? Per noi ergastolo del dolore, non merita libertà"

21 aprile 2022 | 18.03
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"Grande amarezza, ma rispettiamo le leggi dello Stato"

Dietro il paravento il pentito Gaspare Spatuzza in tribunale (Fotogramma/Ipa)
Dietro il paravento il pentito Gaspare Spatuzza in tribunale (Fotogramma/Ipa)

"Proviamo una grande amarezza, ma non possiamo fare altro che affidarci alla legge. Purtroppo lo Stato prevede questa possibilità. Per quanto mi riguarda chi si è macchiato di delitti così efferati, e non parlo solo di quello che ha toccato personalmente la mia famiglia, non merita la libertà". A dirlo all'Adnkronos è Nicola Di Matteo, fratello del piccolo Giuseppe, il bambino strangolato e poi sciolto nell'acido su ordine di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato, a proposito della richiesta del pentito Gaspare Spatuzza di poter tornare in libertà. Giuseppe Di Matteo fu rapito il 23 novembre del 1993, quando non aveva ancora 13 anni, in un maneggio di Piana degli Albanesi per convincere il padre Santino a interrompere la propria collaborazione con la giustizia.

Secondo quanto ha raccontato lo stesso Spatuzza, che prese parte al sequestro e che per quella vicenda è stato condannato, i mafiosi si travestirono da poliziotti della Dia, ingannando il bambino che credeva di poter rivedere il padre in quel periodo sotto protezione lontano dalla Sicilia. Giuseppe Di Matteo fu tenuto segregato e spostato in varie prigioni nel Palermitano, nel Trapanese e nell'Agrigentino prima di essere strangolato e sciolto nell'acido nel gennaio 1996. Per il sequestro e l'omicidio del piccolo Di Matteo, l'ex boss di Brancaccio, oggi pentito, ha chiesto perdono alla famiglia.

"Il perdono è impossibile - dice adesso Nicola Di Matteo - e mai saremmo disposti a incontrarlo. Sarebbe una vigliaccheria nei confronti di mio fratello. Lui, così come Brusca, ha condannato all'ergastolo del dolore me e, soprattutto, mia madre. Un ergastolo, quello sì, che dura a vita".  "Rispettiamo la legge che prevede sconti di pena per chi collabora con la giustizia - sottolinea -. Lo accettiamo con gran dolore perché mai avremmo pensato che, dopo tutto quello che è stato fatto a un bambino innocente, i responsabili potessero essere premiati con la libertà. Per quanto mi riguarda meriterebbero il carcere a vita non solo per il rapimento e l'uccisione di mio fratello, ma anche per quello che hanno fatto magistrati e uomini e donne in divisa. Ma la legge va rispettata. Sempre, anche quando lo si fa, come in questo caso, a malincuore".

(di Rossana Lo Castro)

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