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Migranti, Cri: "In 3 mesi oltre 49mila in hotspot Lampedusa, così abbiamo umanizzato centro"

30 agosto 2023 | 20.50
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Ignazio Schintu racconta l'impegno quotidiano degli oltre 130 operatori. Nella struttura si susseguono i trasferimenti. Il vice segretario della Croce Rossa: "Sono esseri umani non numeri"

Ignazio Schintu, vice segretario generale CRI
Ignazio Schintu, vice segretario generale CRI

"Stasera potremmo essere sui mille ospiti e domani almeno 800 dovrebbero partire. Spero che la fase più critica sia passata". Ignazio Schintu, vice segretario generale della Croce Rossa italiana, nel piazzale dell'hotspot assiste alle operazioni. I migranti salgono sui pullman che li condurranno al porto per essere imbarcati sulle navi che li porteranno sulla terraferma. "Al momento su nave San Giorgio e sulla Galaxy sono stati imbarcati in 1.200, altri andranno via stasera con il traghetto e un volo aereo", dice in un'intervista all'Adnkronos. La grande emergenza dei giorni scorsi, quando con la raffica di arrivi - complice il mare piatto - il centro di contrada Imbriacola è arrivato ad ospitare circa 4.200 ospiti, è alle spalle. "E' stato un record nei numeri, ma già a luglio e a giugno avevamo affrontato situazioni di questo tipo. In tre mesi (da quando la struttura è stata affidata in gestione alla Cri, ndr) nell'hotspot sono passate oltre 49mila persone".

Il bilancio è positivo? "Direi di sì, certo si può fare sempre meglio - dice Schintu -, ma oggi la struttura è pulita, chi entra all'hotspot riceve un kit di vestiario e igienico, può farsi una doccia, mangiare e riprendere il viaggio. La nostra richiesta al Governo era quella di far restare qui queste persone il più breve tempo possibile ed è quello che sta avvenendo. Prima dei 4mila arrivi dei giorni scorsi gli adulti rimanevano un giorno e mezzo, un po' di più i minori per via delle maggiori difficoltà nel collocarli nelle strutture di accoglienza". Cibo, vestiti e non solo. Perché ai migranti che sbarcano a Lampedusa oggi viene assicurato anche supporto psicologico e legale. "Tutto questo ha umanizzato l'hotspot, che quando lo abbiamo preso in gestione di umano non aveva nulla", sottolinea.

La parola d'ordine è pianificazione. A partire dal numero di operatori. "Mediamente sono 130 ma in condizioni di criticità arriviamo anche a 160 - spiega il vice segretario generale della Cri -. Abbiamo una cinquantina di bagni di emergenza, abbiamo allestito gazebo e pagode e la nostra cucina è in grado di preparare 400 chili di carne al giorno, oltre ovviamente al resto. Cerchiamo di fornire la migliore assistenza a tutti, facendo attenzione anche ai particolari. A esempio, le persone che salgono sui pullman per essere trasferite hanno tutto il necessario per affrontare il viaggio, che a volte può durare anche altre 24 ore. La sinergia che si è creata con le organizzazioni che operano qui dall'Unhcr all'Unicef e a Save the Children, oltre che alle forze di polizia, permette di trovare una soluzione a ogni problema. E' chiaro che va mantenuto questo trend nei trasferimenti perché oltre 4mila persone non possono rimanere nell'hotspot più di 24-48 ore".

In tutti coloro che arrivano nel centro di contrada Imbriacola il comune denominatore è la speranza. "La leggi nei loro occhi, sui loro visi quando varcano il cancello. 'Siamo vivi, ce l'abbiamo fatta' si dicono. Spesso ci focalizziamo solo sul viaggio in mare, la traversata dalla Tunisia o dalla Libia per arrivare in Italia, ma queste persone hanno alle spalle storie spesso tragiche. Molti sono in viaggio da mesi, anni, hanno perso amici, familiari, talvolta non hanno più nulla. A volte dimentichiamo che sono esseri umani: trattiamo il fenomeno migratorio con il freddo calcolo dei numeri, invece bisogna ricordare che sono vite, che noi abbiamo l'obbligo di aiutare. Chi meglio di noi italiani conosce cosa significhi la fame, le guerre, l'emigrazione. Il rispetto verso la vita umana in molti dei Paesi da cui arrivano non c'è".

Per Schintu la "grande assente" in questa emergenza è l'Europa. "Bisogna creare i presupposti in Italia e, soprattutto in Ue, perché vengano accolti e integrati. Come possono far paura 120mila persone?". La soluzione allora passa da "missioni di soccorso europee" perché l'obiettivo deve essere "salvare più vite possibili". "Nessun governo ha affrontato il fenomeno seriamente, le responsabilità sono di tutti - dice il vice segretario generale della Cri -. Il merito di questo Esecutivo su Lampedusa è di averci ascoltato, di consentire trasferimenti rapidi e di aver affidato il centro a una grande organizzazione. Se qualcuno mi dicesse di ingrandire l'hotspot direi di 'no' perché questa comunità è già provata. L'unica soluzione è mettere navi di soccorso e poi redistribuire i migranti nei vari Paesi, ma temo che questa sia solo utopia". (di Rossana Lo Castro)

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