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Tav, gli anarchici: "Il sabotaggio a Bologna? E' una pratica di lotta"

07 gennaio 2015 | 20.10
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In un documento apparso online si parla dell'incendio alla stazione di Santa Viola, alle porte della città, del 23 dicembre scorso: "E' fra i metodi usati ella lotta contro il treno veloce". La Procura all'Adnkronos: "Il testo è già stato acquisito dalla Digos, non sembrano ragionamenti nuovi"

Tav, gli anarchici:

"Crediamo che ciò che è accaduto parli in modo chiaro e trovi una sua precisa collocazione nel tempo, nello spazio e nelle pratiche di un movimento che lotta contro il Tav e che ha sostenuto per oltre un anno i compagni accusati di terrorismo per un atto di sabotaggio contro il cantiere". E' quanto si legge in un documento firmato 'anarchici e anarchiche bolognesi' apparso online, in cui si parla del sabotaggio alla stazione di Santa Viola, alle porte di Bologna, del 23 dicembre scorso.

Il procuratore aggiunto e portavoce della Procura di Bologna Valter Giovannini ha detto all'Adnkronos: "Il documento è già stato acquisito dalla Digos. Non sembrano ragionamenti nuovi".

Nel testo si rivendica la pratica del sabotaggio come "una pratica di base nella storia dei movimenti di lotta e rivoluzionari". "Al di là dei commenti di politicanti vari che hanno subito soffiato sul fuoco per alimentare letture farcite di terrore, e delle tesi complottiste che si sono fatte lentamente strada anche tra i nemici del Tav - proseguono - ci piacerebbe riprendere quanto oggettivamente accaduto per tornare a ragionare sulla pratica del sabotaggio".

"Ai tempi delle prime azioni di sabotaggio in Val Susa alla fine degli anni ’90, diverse voci erano distanti dal sentire questa pratica come 'compagna di lotta' - continuano - Nel tempo, forse e soprattutto in seguito all’attacco al cantiere del 13 maggio 2013 e ai conseguenti arresti, molti hanno iniziato a considerarla come tale".

"Nella lotta contro il treno veloce si intrecciano pratiche diverse e in questo sta la sua grande forza - proseguono - Dai picchetti davanti alle aziende ai blocchi stradali, dalle marce popolari alle passeggiate notturne, dalle assemblee popolari alle discussioni serali ai campeggi, dall’apertura dei caselli autostradali all’imbrattamento delle sedi dei partiti del Tav, dalle azioni di attacco al cantiere agli attacchi incendiari e non diffusi in tutta la penisola contro le aziende del Tav, dal blocco dei treni Av nelle stazioni di mezza Italia, e non solo, al blocco delle linee ferroviarie attraverso azioni di sabotaggio di vario genere".

"Esatto, anche il sabotaggio fra queste pratiche, fra i metodi che un movimento coeso ma plurimo ha fatto proprie - sottolineano - Allora perché volersi girare dall’altra parte e chiamare le cose con un altro nome ora? Terrorismo? Servizi segreti? Vandalismo? Neofascisti? Furti di rame?".

Il sabotaggio, proseguono, "di volta in volta è servito ad inceppare dei meccanismi, fossero essi di sfruttamento, di produzione, di reclusione, nocività ecc. Qui ed ora ne stiamo parlando nei termini di una pratica che mira a danneggiare ciò che fa parte del sistema di funzionamento di una macchina economica e politica che in questo caso è rinchiusa nelle vesti di un treno che si vuol far passare per quella montagna". Il documento conclude: "A ciascuno le proprie analisi, senza ammettere delazioni e infamie. E chiamiamo le cose con il proprio nome".

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