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Agricoltura: biodiversità anche nei campi, 26% aziende NaturaSì ospita specie protette

22 maggio 2022 | 09.21
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Per salvare la biodiversità, necessaria anche al benessere delle società umane, occorre agire partendo dai campi coltivati. Ce lo ricorda l’Unione Europea che indica come sia “urgente destinare almeno il 10% delle superfici agricole ad elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità” constatando inoltre che “i terreni più ricchi di biodiversità sono spesso quelli più produttivi”. Nella giornata mondiale della biodiversità che si celebra oggi, il tema della natura nei campi coltivati è centrale almeno quanto quello della salvaguardia delle foreste e delle aree naturali.

NaturaSì, la più grande rete di negozi biologici in Italia, ha destinato finora il 19% della superficie delle 300 aziende agricole del suo ‘ecosistema’ ad aree per la conservazione della biodiversità. In queste aziende, il solo sistema delle siepi, se messe in fila, darebbe luogo a una fascia verde lunga 670 chilometri e nella stragrande maggioranza dei campi (83%) si trovano habitat diversi, dalle aree umide ai boschi, dalle rogge ai prati naturali. Grazie a questa differenziazione di ambienti naturali, oltre un quarto delle aziende agricole (26%) dell’ecosistema NaturaSì ospita specie animali rare o in forte declino, protette a livello comunitario.

Non si tratta solo della volontà di salvaguardare la natura, spiega una nota: nell’agricoltura biologica è fondamentale anche conservare gli ambienti destinati alle specie autoctone perché si tratta di validi supporti nel contrasto a parassiti e insetti che minacciano i raccolti. È il caso ad esempio del barbagianni, che caccia non solo piccoli mammiferi che possono arrecare danni alle radici o ai tuberi, ma anche e soprattutto insetti, scegliendo le popolazioni più numerose ed evitando quindi il proliferare dannoso di una sola specie. Oppure il rospo smeraldino, che si nutre di insetti terricoli, controllando anche in questo caso le popolazioni. E ancora della natrice tassellata, un serpente in forte declino che contribuisce a conservare l’equilibrio dell’ecosistema dei campi biologici, non trattati con insetticidi chimici di sintesi.

Queste e molte altre specie si trovano in una delle aree dove NaturaSì sta conducendo, oltre all’attività agricola, delle ricerche sulla biodiversità in campo, nell’azienda agricola San Michele di Cortellazzo (Ve), dove un monitoraggio che dura da oltre 5 anni condotto da professionisti ha evidenziato la presenza di falchi di palude, aironi rossi, barbagianni e numerose specie di pipistrelli inclusi nella lista rossa delle specie a rischio. Le coltivazioni orticole e seminative dell’azienda sono contornate da aree rinaturalizzate con siepi, boschi, laghetti, canali.

L’azienda, hanno calcolato i faunisti, ospita ben 71 specie di uccelli, 15 specie di mammiferi terrestri, 10 di pipistrelli, 5 di rettili, 3 di anfibi e 72 specie botaniche. Un enorme patrimonio di biodiversità che, come già sottolineato, si integra perfettamente con i metodi dell’agricoltura biologica e biodinamica. Partendo proprio dalla ricchezza della natura e dalla molteplicità delle specie presenti alla San Michele, in occasione della giornata della biodiversità, l’azienda ha raccolto un ‘album di famiglia’ fotografico e video degli animali e delle piante maggiormente rappresentative.

“L’agricoltura e l’allevamento industriali, per la loro iperspecializzazione, sono tra le cause della scomparsa della biodiversità - dice Fausto Jori, amministratore delegato di NaturaSì - Per il biologico, invece, è importante l’equilibrio tra la moltitudine di specie animali e vegetali, sia coltivate che naturali. Perché è proprio la diversità ad assicurare l’equilibrio. Non a caso, quindi, nelle nostre aziende agricole abbiamo già quasi il doppio della biodiversità richiesta dalla Strategia Europea Farm to Fork: la biodiversità è un valore in sé, ma per chi non usa la chimica di sintesi è anche un’assicurazione contro il proliferare di singole popolazioni di insetti o di altri animali, che di per se stesso rappresenta un pericolo per i nostri campi”.

“A livello globale, dal 1970 a oggi, il volume della produzione agricola è aumentato di circa il 300% - continua Jori - ma tutto questo è stato ottenuto a un prezzo che non siamo più in grado di pagare; la distruzione di habitat necessari alla vita sulla terra e alla stessa agricoltura; il progressivo aumentare della temperatura del Pianeta. Solo per quanto riguarda la scomparsa degli impollinatori stiamo mettendo a rischio le colture globali: si calcola che solo per questo, ed esclusivamente a livello economico, il conto sia di 577 miliardi di dollari in produzione a rischio. È ora di fare un passo in avanti e capire che il modello agricolo sancito negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso è diventato un ostacolo sulla strada della transizione ecologica”.

Per sviluppare al massimo l’innovazione delle ‘soluzioni basate sulla natura’ che le Nazioni Unite hanno cominciato a chiedere con forza, lo spazio dedicato alla natura nelle 300 aziende dell’ecosistema NaturaSì è comunque destinato a crescere. Grazie al progetto Life PollinAction, nei prossimi due anni si potranno crescere ulteriormente le superfici dedicate alla natura in 10 aziende agricole. È previsto un aumento di 5 chilometri di siepi in più, di circa 92.000 metri quadrati di prato a fiore e 144.000 metri quadrati di bordure perenni. Questi interventi creeranno le condizioni per l’insediamento di un gran numero di specie di invertebrati, rendendo l’agricoltura un’oasi di vita generatrice di equilibrio.

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