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Bad Bank: in Europa bilanci spesso in perdita, ma Dublino sorride/scheda

27 maggio 2015 | 15.49
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Tranne poche eccezioni profondo rosso per i bilanci delle bad bank europee

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A guardare i bilanci delle bad bank europee, in attesa della definizione del modello italiano, c'è poco da stare tranquilli. Con poche eccezioni, infatti, i bilanci sono finora in profondo rosso con previsioni di perdite a fine attività (e quindi per i contribuenti). Esemplare il caso della spagnola Sareb, ovvero la Sociedad de Gestión de Activos procedentes de la Reestructuración Bancaria che ha assorbito tutte le proprietà immobiliari di cui volevano disfarsi le 8 banche che avevano già ricevuto aiuti pubblici. In totale si tratta di circa 200 mila asset per 50,6 miliardi di euro acquistati in base a una valutazione percentuale: gli appartamenti nuovi sono stati pagati il 48% del prezzo a bilancio, i terreni il 21% e i mutui il 55%.

Lo statuto prevede la messa sul mercato dei beni entro 15 anni. I primi due esercizi tuttavia hanno registrato risultati in rosso: nel 2013 le perdite sono state di 261 milioni saliti a 585 milioni lo scorso anno, soprattutto per via di accantonamenti per 719 milioni per crediti deteriorati. Il 45% delle azioni, ma con 'golden share', è del Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria di proprietà dello Stato, il resto è in carico a un gruppo di 27 istituti di credito.

Anche nell'irlandese Nama (National Asset Management Agency), creata nel 2009, la quota pubblica è minoritaria (49%) rispetto al 51% detenuto da un fondo privato (Walbrook Capital, Nre Ireland Assurance Co. Plc, Percy Nominees Ltd). La Nama ha acquistato crediti a rischio dagli istituti irlandesi in cambio di bond del governo per un valore contabile di 77 miliardi. Il debito emesso, pari a 30 miliardi, è stato già rimborsato per il 64% grazie alla ripresa dell'economia irlandese e del suo settore immobiliare. Peraltro, la differenza più importante rispetto alla Sareb è che la Nama non solo gestisce i crediti deteriorati ma è una banca di sviluppo per il settore immobiliare.

Ma, come detto, la bad bank irlandese è in attivo (214 milioni nel 2013, 458 milioni lo scorso anno) : dati che confermano la possibilità di anticipare al 2018 la chiusura della Nama, fissata in origine al 2020. Chi invece ha già fatto slittare la propria scadenza dal 2017 al 2020 è la slovena Bamc (Bank Asset Management Company) creata nel 2013 per assorbire le sofferenze delle tre principali banche di Lubiana per un valore nominale di 5 miliardi (ma acquisiti dalla bad bank a meno di unterzo, 1,5 miliardi). Nel 2013 (ultimi dati disponibili) la Bamc ha chiuso con una perdita di 81,9 milioni (soprattutto per oneri finanziari) mentre la vendita del patrimonio procede a rilento (nel 2014 collocato solo l'11,7% del suo patrimonio con ricavi per 130 milioni).

In Germania invece non si è data vita a una maxi struttura unica, ma fra il 2009 e il 2010 sono state create due “bad bank” pubbliche - la Eaa (Erste Abwiklungsanstalt) e la Fms-Wm (FMs Wert-Management) - destinate a gestire le criticità rispettivamente della banca regionale WestLb e di Hypo Re. In Gran Bretagna la crisi finanziaria ha portato alla creazione della UK Asset Resolution (UKAR), con un totale di asset in gestione per 59,3 miliardi di sterline (84 miliardi di euro) e un debito iniziale di 48,7 miliardi di sterline, di cui più di un quarto già restituito.

Conti in profondo rosso, invece, in Austria per la Har (Hera Asset Resolution) creata nel 2009 per gestire gli asset tossici della banca Hypo Alpe Adria. Nei mesi scorsi è emerso un buco di 7,6 miliardi che dovrebbe essere garantito dallo Stato della Carinzia, che aveva garantito i bond dell'istituto, e che ora rischia il default, visto che Vienna non intende più coprire i buchi dell'amministrazione locale. Ma il bilancio più negativo, sebbene nel lontano passato è quello del francese Epfr (Établissement public de financement et de restructuration) creato per assorbire il Cdr, divisione interna di Credit Lyonnais nata nel 1995 per gestire le sofferenze pari a 28,3 miliardi di euro. L'Epfr ha chiuso nel 2005 con una perdita per le casse pubbliche stimata in 16 miliardi di euro.

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