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Crisi, cresce l’area del disagio sociale: 9,4 milioni di italiani in difficoltà

22 giugno 2014 | 13.38
LETTURA: 5 minuti

Il dato, calcolato dal Centro studi Unimpresa su base Istat, è relativo al primo trimestre del 2014 e risulta in aumento dell’1,8% rispetto allo stesso periodo del 2013. Il presidente Longobardi: “Il governo deve prendere decisioni importanti, servono misure che consentano di avere risorse per guardare con fiducia al futuro”

 (foto Infophoto)
(foto Infophoto)

“Superano i 9 milioni di persone le persone in difficoltà in Italia. Ai ‘semplici’ disoccupati vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Un’enorme ‘area di disagio’: ai 3,4 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (652mila persone) sia quelli a orario pieno (1,44 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (847mila), i collaboratori (368mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,5 milioni). Questo gruppo di persone occupate - ma con prospettive incerte circa la stabilità dell’impiego o con retribuzioni contenute - ammonta complessivamente a 5,9 milioni di unità”. Il totale dell’area di disagio sociale, calcolata dal Centro studi Unimpresa sulla base dei dati Istat, comprende dunque 9,39 milioni di persone.

“Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Di qui l’estendersi del bacino dei ‘deboli’. Il dato sui 9,39 milioni di persone è relativo al primo trimestre del 2014 e complessivamente risulta in aumento dell’1,8% rispetto al primo trimestre del 2013, quando l’asticella si era fermata a 9,22 milioni di unità: in un anno quindi 198mila persone sono entrate nell’area di disagio sociale’’, continua Unimpresa.

“Nel primo trimestre dello scorso anno i disoccupati erano in totale 3,27 milioni: 1,79 milioni di ex occupati, 647mila ex inattivi e 833mila in cerca di prima occupazione. A marzo 2014 i disoccupati risultano in aumento del 6,5% rispetto all’anno precedente (+212mila persone). In calo gli inattivi: -22mila unità (-3,4%) da 647mila a 625mila. In aumento di 107mila unità gli ex occupati da 1,79 milioni a 1,90 milioni (+6,0%). Salgono anche le persone in cerca di prima occupazione, in aumento di 127mila unità da 833mila a 960mila (+7,9%)’’, prosegue Unimpresa.

“In lieve calo, invece, il dato degli occupati in difficoltà: erano 5,95 milioni a marzo 2013 e sono risultati 5,90 milioni a marzo scorso. Un’apparente restrizione dell’area di difficoltà che, invece, rappresenta un’ulteriore spia della grave situazione in cui versa l’economia italiana: anche le forme meno stabili di impiego e quelle retribuite meno pagano il conto della recessione. E’ evidente infatti uno spostamento delle persone dalla fascia degli occupati deboli a quella dei disoccupati. I contratti a termine part time sono aumentati di mille unità da 651mila a 652mila (+0,2%), mentre i contratti a termine full time sono scesi di 67mila unità da 1,51 milioni a 1,44 milioni (-4,4%). Calano anche i contratti di collaborazione (-21mila unità) da 389mila a 368mila (-5,4%). Risultano invece in aumento sia i contratti a tempo indeterminato part time (+1,3%) da 2,56 milioni a 2,59 milioni (+33mila) sia gli autonomi part time (+1,2%) da 837mila a 847mila (+10mila)’’, sottolinea Unimpresa.

Il Governo di Matteo Renzi deve prendere decisioni importanti: servono misure che consentano a imprese e famiglie di avere risorse per guardare con fiducia al futuro. Offriamo all’Esecutivo, ai partiti e alle istituzioni, i numeri e gli argomenti su cui ragionare per capire quanto sono profonde la crisi e la recessione nel nostro Paese” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

“Può apparire anomalo - aggiunge Longobardi - che un’associazione di imprese analizzi il fenomeno dell’occupazione, quasi dal lato del lavoratore. Ma per noi la persona e la famiglia sono centrali da sempre, perché riteniamo che siano il cuore dell’impresa. Bisogna poi considerare che l’enorme disagio sociale che abbiamo fotografato ha conseguenze enormi nel ciclo economico: più di 9 milioni di persone sono in difficoltà e questo vuol dire che spenderanno meno, tireranno la cinghia per cercare di arrivare a fine mese. Tutto ciò con effetti negativi sui consumi, quindi sulla produzione e sui conti delle imprese”. Secondo il presidente di Unimpresa “serve maggiore attenzione proprio alla famiglia da parte del Governo”.

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