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Usa: Truman, Obama può avere consenso bipartisan su tassa utili offshore

02 febbraio 2015 | 18.03
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Il presdiente degli Stati Uniti vuole una tassa del 14% sui profitti fatti all'estero dalle grandi multinazionali. Per l'economista del Peterson Institute for International Economics di Washington è un'idea che può raccogliere il consenso anche dei repubblicani e aprire la porta a una revisione del sistema fiscale americano

(Xinhua) - XINHUA
(Xinhua) - XINHUA

"La riforma della tassazione è ormai una questione chiave per gli Usa, potrebbe essere combinata con la proposta di Obama e sarebbe un passo nella giusta direzione, una transizione a un sistema fiscale migliore". Così Ted M. Truman, economista del Peterson Institute for International Economics di Washington, commenta con l'Adnkronos l'ipotesi di una tassa una tantum del 14% su profitti offshore accumulati dalle società statunitensi all'estero.

Truman sottolinea come l'idea di questa una tantum "potrebbe essere il primo passo di un negoziato per una riforma complessiva della tassazione sulle aziende" sul quale maggioranza repubblicana e Amministrazione democratica potrebbero trovare un punto d'accordo. "La questione della riforma del sistema fiscale è bipartisan - spiega - quindi è un'area in cui potrebbe esserci del lavoro congiunto".

Inoltre le resistenze potrebbero essere ridotte "visto che la tassazione andrebbe a toccare i profitti fatti all'estero": Truman spiega poi che proprio per il suo carattere "ha una qualche possibilità di essere applicata: è 'neutrale' dal punto di vista del gettito perché non lo alza o non lo abbassa in termini strutturali".

'Un intervento che va in linea con il lavoro Ocse sulle scappatoie fiscali'

A favorire la riflessione sul sistema fiscale Usa, aggiunge Truman, anche "il fatto che almeno per i prossimi due anni il rapporto debito-pil potrebbe scendere prima di tornare a risalire dopo il 2018". Nell'ultima parte della sua presidenza, insomma, Obama sembra avere i conti pubblici in ordine per poter agire sulla composizione delle entrate: "Negli Usa - aggiunge l'economista - una parte sempre maggiore delle entrate fiscali non vengono dalle tasse sulle imprese ma da quelle sul reddito, e siccome le società più piccole sono soggette alle 'income taxes' e non alle 'corporate taxes' questo complica il discorso".

Il nodo della tassazione dei profitti delle aziende è al centro di un dibattito internazionale sul quale il G20 ha dato mandato all'Ocse di formulare proposte 'universali': e l'economista, con un passato al Tesoro di Washington, ma anche all'Fmi e alla Fed, si dice "convinto che questa ipotesi non vada a minare il lavoro dell'Ocse, anzi sono argomenti collegati, visto che l'Organizzazione si occupa soprattutto di come le corporation utilizzino i diversi sistemi fiscali per minimizzare il loro carico fiscale".

"E se gli Usa cambiano il loro atteggiamento verso la tassazione delle multinazionali, portandolo su posizioni più vicine a quelle di altri paesi - aggiunge - questo è un contributo che va nella giusta direzione, che potrebbe contribuire a chiudere alcune delle scappatoie fiscali" così amate dalle big corporation che "da un certo punto di vista cosi' sarebbero richiamate ai loro obblighi morali" verso la società americana.

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