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Robot, rivoluzione Intelligenza Artificiale ma il 'capo' resta l'uomo

15 febbraio 2017 | 15.34
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L'umanoide R1 dell'IIT (Foto Istituto Italiano Tecnologia)
L'umanoide R1 dell'IIT (Foto Istituto Italiano Tecnologia)

Cervello, mente, macchine. E l'uomo. Che progetta e inventa nuovi umanoidi ad un ritmo sempre più sostenuto e dotati di Intelligenza Artificiale sempre più avanzata . Nel 2019 solo i robot domestici saranno oltre 32 milioni, quelli impiegati nell'assistenza agli handicappati saliranno a 37.500 unità mentre nelle industrie entreranno 1,4 milioni di nuovi robot, stando ai calcoli dell'International Federation of Robotics. C'è rischio che i robot conquistino il nostro posto di categoria dominante del pianeta Terra. Ma per molti esperti il "capo" resterà sempre l'uomo. "Paura dell'Intelligenza Artificiale e di Robot sempre più 'umani'? No" taglia corto con l'Adnkronos il direttore dell'Istituto Italiano di Tecnologia, Roberto Cingolani.

"Mi preoccuperei di più della 'stupidità artificiale', della stupidità dell'uomo" ma, ironizza, "per fortuna quella non la riproduciamo". "E' giusto, importante e corretto -osserva Cingolani- aprire il dibattito" sul fantascientifico sorpasso della macchina sull'uomo, perchè "è un argomento da affrontare". Nell'era dell'Industria 4.0 è un tema che "solleva molti interrogativi anche per il mondo del lavoro. Vedo però -indica- tre punti cardine per tracciare una via sicura: innanzitutto formare le giovani generazioni ad essere flessibili e adattabili all'interazione con le macchine dotate di Intelligenza Artificiale".

Bisogna poi, secondo il fisico dell'IIT, "investire sulle persone perchè sappiano lavorare e vivere affianco alle nuove tecnologie così da non aprire un gap sull'occupazione". Terzo aspetto, "altrettanto fondamentale -rimarca Cingolani- è che chi prepara queste tecnologie deve agire con etica e dialogare con filosofi e sociologi". Questa, per il capo dell'IIT, è la via da perseguire in vista dell'esplosione di Intelligenza Artificiale preconizzata per il 2040 dal filosofo Nick Bostrom della Oxford University. Dopo l'era dell'Homo Sapiens, avverte Cingolani, "sta certamente per arrivare l'era dell'Homo Tecnologico. Un'era tecnologica prima durava secoli ora appena 10 anni: dobbiamo solo prepararci".

"Noi come IIT pensiamo tecnologie studiate per aiutare l'uomo, non per sostituirlo" segnala Cingolani che nei laboratori di Genova ha visto nascere I-Cube, il robot primo cosciente italiano, l'umanoide superavanzato R1, il quadrupede idraulico HyQ che opera in ambienti difficili e Walk-Man, il 'gigante' umanoide che entra in campo nelle grandi calamità naturali. Con orgoglio Cingolani ricorda che l'IIT ha mandato i suoi robot "ad operare fra le macerie di Amatrice". "Hanno lavorato là dove anche per i vigili del fuoco era pericoloso muoversi" ricorda.

Ed a non temere lo tsunami di tecnologie basate sull'Intelligenza Artificiale è anche Daniele Bibbo del Laboratorio di Ingegneria Biomedica Biolab3 del Dipartimento di Ingegneria di Roma Tre. "Siamo ancora lontani dal pensare a Robot che possano sostituire l'uomo in situazioni non previste, quelle che fanno la differenza tra noi e gli umanoidi" chiarisce il papà del casco smart Ride capace di leggere, grazie a elettrodi da elettroencefalografia, segnali fisiologici che arrivano dal cervello durante la guida di un mezzo a due ruote. I Robot nelle fabbriche, spiega Bibbo, "sono occupati su lavori 'previsti' e, anche se nel mondo si sta studiando l'umanoide che impara dai suoi errori, l'uomo può sempre affrontare l'imprevisto: la macchina no".

Le tecnologie, anche quelle basate sull'Intelligenza Artificiale, indica l'ingegnere biomedico, "devono essere pensate per usi quotidiani e bisogna prevenirne a monte usi distorti". Per "evitare possibili deragliamenti", spiega, "serve un sufficiente periodo di transizione in cui bisognerà testare a lungo e con attenzione le nuove tecnologie basate sull'Intelligenza Artificiale". Macchine e umani, suggerisce, "dovranno lavorare insieme per armonizzare il lavoro degli umanoidi, in fase di test, con l'esperienza di persone competenti di quel settore".

Insomma, molti sono gli studiosi che oggi si interrogano su come sarà la convivenza uomo-macchina nel perimetro di questo secolo. L'informatico, saggista e inventore statunitense Ray Kurzweil ritiene che nel 2045 le macchine diventeranno più intelligenti dell'uomo tanto da autoprogrammarsi. Nel suo think-tank Singularity University, fondato con Peter Diamandis e finanziato anche da Google, gli scenari discussi sanno di apocalisse. Non vede, invece, tempeste all'orizzonte il guru statunitense della cybercultura Kevin Kelly. Però, l'Intelligenza Artificiale "cambierà il nostro modo di pensare".

"Fra 30 anni inventeremo modi di pensare nuovi che oggi non esistono in biologia" ha indicato in una video conferenza da Pacifica, in California, con la sede capitolina della multinazionale PwC, in occasione dell'inaugurazione dell'Experience Center di Roma. In quell'occasione, Kelly ha tranquillizzato gli animi più scossi: "Le macchine non supereranno mai l'uomo". I robot "non ci ruberanno" il nostro posto di 'specie dominante', ha assicurato. Eppure l'avanzata degli umanoidi non lascia comunque sonni tranquilli. Secondo un recente studio del Forum Economico Mondiale, entro il 2020 automi governati da sofisticatissimi algoritmi potranno sostituire ben 5 milioni di persone sul lavoro: i posti più a rischio non sono quelli nelle fabbriche ma negli uffici.

Secondo gli analisti del Forum, grazie all'Intelligenza Artificiale, i robot umanoidi si affiancheranno agli impiegati ed a dover cedere il passo saranno i cosidetti 'colletti bianchi': nella finanza, nell'amministrazione, nella contabilità. Un dato che aumenta l'apprensione creata dall'avvento della Quarta rivoluzione Industriale. Con l'Industria 4.0, si stima che i robot inevitabilmente sostituiranno ben 7 milioni di umani. Già oggi nel settore automobilistico le macchine svolgono il 90% delle mansioni. Il dato, interviene ancora Roberto Cingolani, "sembra affidabile" e allora "serve una programmazione" perchè, "le persone soggette a questi cambiamenti vanno re-indirizzate" e le chiavi, ribadisce, sono "formazione, flessibilità, etica".

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