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Mo: per Egitto mediazione difficile, tra prestigio regionale e caos interno

11 luglio 2014 | 13.45
LETTURA: 3 minuti

Al-Sisi dovrà trovare un equilibrio tra il ruolo di leader regionale, la solidarietà che il popolo egiziano ha nei confronti di quello palestinese e il pugno di ferro che sta usando in patria contro i Fratelli Musulmani, di cui Hamas è un'espressione

Mo: per Egitto mediazione difficile, tra prestigio regionale e caos interno

E' una difficile mediazione quella in cui si trova coinvolto l'Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, tra Hamas e Israele. La presidenza egiziana ha annunciato ieri che il Cairo "sta facendo sforzi diplomatici per una fine dell'escalation" e si sa che al-Sisi ha avuto contatti telefonici con il presidente palestinese Mahmoud Abbas e con il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, mentre non è confermato che abbia avuto un colloquio con il premier israeliano Benjamin Netanyahu.

I suoi due predecessori, Hosni Mubarak e Mohamed Morsi, hanno avuto un ruolo fondamentale nell'accordo di cessate il fuoco che ha messo fine alle operazioni israeliane a Gaza rispettivamente nel 2009 e nel 2012. Ma per al-Sisi l'impresa è più difficile. Dovrà infatti trovare un equilibrio tra il ruolo di leader regionale tradizionalmente riconosciuto all'Egitto, la solidarietà che il popolo egiziano ha nei confronti di quello palestinese e il pugno di ferro che sta usando in patria contro i Fratelli Musulmani, di cui Hamas è un'espressione.

"E' un'impresa da equilibrista", ha commentato Antony Skinner, direttore per il Medio Oriente e il Nord Africa del centro studi britannico Maplecroft. Al-Sisi "non vuole che Hamas abbia una vittoria completa in questo scontro, per ragioni di sicurezza - ha spiegato - ma d'altro canto ha interesse a dare l'impressione ai palestinesi e ai loro sostenitori in Egitto che sta facendo tutto il possibile per limitare le vittime civili a Gaza".

Secondo Eli Shaked, ex ambasciatore israeliano al Cairo, nel suo sforzo di mediazione l'Egitto farà a Hamas richieste più pesanti di quelle avanzate nelle precedenti crisi. "Mi aspetto - ha spiegato - che l'Egitto chiederà a Hamas di mettere fine sul serio al lancio di razzi su Israele, che metta fine ai suoi rapporti con i Fratelli Musulmani, che tagli ogni rapporto con i jihadisti attivi nel Sinai e che contribuisca a combatterli".

Al momento nessuna delle due parti in campo sembra interessata a un negoziato e lo stesso Abbas ha ammesso che gli sforzi egiziani di mediazione per ora non hanno prodotto frutti. "Credo che l'Egitto giocherà il ruolo di mediatore quando sarà il momento giusto - ha affermato Daniel Kurtzer, ex ambasciatore americano in Israele e in Egitto - e non lo faranno molto presto, perché non vogliono correre il rischio di un fallimento diplomatico".

"Gli egiziani - ha detto anche Mkhaimar Abusada, analista politico presso l'Università di al-Azhar al Cairo - possono essere riluttanti a intervenire, perché hanno rapporti non buoni con Hamas, ma non possono ignorare il loro ruolo di mediatori, altrimenti altri paesi, come la Turchia e il Qatar, prenderanno il loro posto, ridimensionando la loro influenza regionale".

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