Il 64,7 per cento della popolazione siriana vive in uno stato di povertà estrema, mentre quattro persone su cinque vivono in povertà in un Paese, la Siria appunto, ''travolta da indigenza e miseria''. E' quanto si legge in un rapporto redatto dall'Unicef e da Save the Children, dove si denuncia il crescente fenomeno del lavoro minorile, soprattutto tra i rifugiati, facendo temere di ''perdere una generazione'' in Siria. Sono quattro milioni, secondo stime Onu, i rifugiati, circa la metà della popolazione siriana costretta ad abbandonare le proprie case da una guerra, scoppiata nel marzo del 2011, costata la vita a oltre 230mila persone.
All'interno della Siria, riferiscono Unicef e Save the Children, tre quarti dei bambini contribuiscono al bilancio familiare lavorando. In Giordania, circa la metà dei rifugiati bambini portano il pane a casa, mentre in Libano lavorano anche bambini siriani che hanno meno di sei anni. ''I bambini sono impiegati in condizioni di lavoro pericolose, con gravi e rischiose conseguenze per la loro salute e il loro benessere'', scrive il rapporto. I più vulnerabili sono i bambini coinvolti nel conflitto armato, nello sfruttamento sessuale e in attività illecite come la richiesta di elemosina organizzata o il traffico di minori.
''Con le famiglie che diventano sempre più disperate, i bambini lavorano principalmente per la loro sopravvivenza - ha detto Roger Hearn, direttore regionale di Save the Children - Sia in Siria, sia nei Paesi vicini, sono diventati generatori di reddito''. Peter Salama, direttore regionale dell'Unicef, nota poi che il lavoro minore ''minaccia la crescita dei bambini e il loro sviluppo, costretti a fare lavori duri per diverse ore con una paga esigua, spesso in condizioni estremamente pericolose per la salute''.