Dati dei dipendenti federali hackerati all'inizio di giugno
Sarebbero circa 18 milioni, e non 4,2 come indicato inizialmente, le identità dei dipendenti federali, tra quelli in servizio ed in pensione, hackerate nell'ultimo cyberattacco subito dall'amministrazione Usa all'inizio di giugno. Un numero che è quattro volte maggiore di quello riconosciuto pubblicamente e che è destinato a crescere. A rivelarlo, riferisce la Cnn, il direttore dell'Fbi James Comey, in un incontro a porte chiuse con alcuni senatori Usa, sulla base dei dati interni dell'Office of Personnel Management (Opm). Tra le persone colpite anche coloro che avevano fatto domanda di lavoro ma non erano state assunti dal governo.
Gli investigatori americani ritengono che dietro all'attacco informatico, considerato il peggiore subito dagli Stati Uniti, ci sia il governo cinese e che per compiere la cyber-intrusione, gli hacker abbiano usato molteplici punti di accesso, tra cui delle società incaricate dall'amministrazione federale di esaminare i candidati. Inoltre, il numero delle persone effettivamente colpite è destinato a crescere perché gli hacker hanno violato un database governativo usato per i controlli di sicurezza sui dipendenti che contengono anche le informazioni private dei membri della loro famiglia.
In relazione all'episodio questa settimana i funzionari Opm dovranno tenere diverse audizioni davanti al Congresso, a cui dovranno fornire anche soluzioni adeguate per prevenire ulteriori attacchi. Nella bufera anche l'Amministrazione Obama accusata di aver minimizzato la gravità della violazione.