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Israele, l'esperto: "Hamas beneficia nuovo protagonismo Iran"

12 ottobre 2023 | 17.16
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"Riad e Teheran alleati tattici Cina non stabilizzatori"

Razzi su Gaza
Razzi su Gaza

L'attacco sferrato sabato da Hamas contro Israele è dovuto a diversi fattori, uno è il ritorno dell'Iran sulla scena regionale come 'esportatore della rivoluzione' come ai tempi del defunto leader dei Pasdaran, Qassem Soleimani, un Iran "rivitalizzato" dallo scongelamento dei sei miliardi di dollari frutto dell'accordo che ha portato allo scambio di prigionieri con gli Usa. Lo sottolinea in un'intervista all'Adnkronos Pejman Abdolmohammadi, professore di Relazioni internazionali del Medio Oriente all'Università di Trento, secondo cui gli ultimi appelli della Guida Suprema, Ali Khamenei, e del presidente, Ebrahim Raisi, non rientrano "nella classica retorica iraniana" pro-palestinese e anti-israeliana. C'è dell'altro. "C'è un sostegno pratico, anche se ancora non dimostrabile" a Hamas, spiega l'analista di origine iraniana, che evidenzia il rilancio della leadership di Teheran "alla guida del triangolo sciita" e per la quale c'è "una responsabilità indiretta anche dei democratici americani".

Secondo Abdolmohammadi, l'attacco di sabato "favorisce l'Iran" perché innanzitutto consente agli ayatollah di esibire di nuovo lo spauracchio del "nemico esterno" - Israele - e, allo stesso tempo, restituisce a Teheran un ruolo centrale nel "network politico-islamico". Per il professore, ci sono "indizi" che fanno ipotizzare un coinvolgimento diretto dell'Iran, malgrado i servizi di intelligence Usa ancora non siano riusciti a dimostrarlo: la visita a Teheran lo scorso giugno di una delegazione di Hamas, quella successiva di Hezbollah e quella attuale dell'ayatollah Ibrahim Zakzaky, leader delle fazioni sciite nigeriane. "Sono tutti segnali che l'Iran, forte del denaro scongelato dagli Usa, ha ripreso a ridistribuire risorse - spiega - il fatto che a Teheran ci siano di nuovo visite dei movimenti radicali indica che gli iraniani vogliono giocare un ruolo come ai tempi di Soleimani, anche se non penso abbiano le forze per farlo".

Questi finora gli aspetti positivi che l'Iran trarrebbe dal massacro in Israele. Il rischio, evidenzia l'esperto, è invece un "possibile contrattacco" dell'intelligence israeliana nei prossimi mesi o settimane. "Non dimentichiamo - ricorda - che il governo Netanyahu è stato tra i più forti sostentori del movimento anti-regime dell'anno scorso" innescato dalla morte di Mahsa Amini.

Venendo all'attualità e al colloquio di stamane tra Raisi ed il principe della corona saudita, Mohammed bin Salman, Abdolmohammadi ritiene che Iran e Arabia Saudita "sicuramente hanno un punto in comune,che è l'alleanza tattica con la Cina e in questo momento si stanno muovendo sotto l'ombrello di Pechino, di cui sembrerebbe stiano rappresentando gli interessi nella regione". In questo quadro, prosegue, "non credo che Iran e Arabia Saudita possano esercitare un ruolo di stabilizzatori a Gaza, al più possono essere utili per un bilanciamento dei poteri nella regione in quanto uno è il padrino di Hamas, l'altra è più vicina ad Israele".

Per l'esperto, intorno alla crisi di Gaza si gioca una partita tra Stati Uniti e Cina che si intreccia con altri teatri. Mentre Washington spinge per stabilizzare il Medio Oriente e la Cina non ha interesse in questo senso, in Africa sub-sahariana "gli interessi si rovesciano in una sorta di guerra asimmetrica", insiste Abdolmohammadi, che invece esclude la Russia come fattore decisivo per una soluzione della crisi a Gaza dal momento che "è molto occupata nella guerra in Ucraina e non ha né tempo né la capacità strategica per stare dietro a questa situazione. Farà comunque massa critica con Teheran".

Abdolmohammadi conclude quindi evidenziando come, a suo parere, l'attacco di Hamas non segnerà lo stop definitivo al processo di normalizzazione tra l'Arabia Saudita ed Israele. "Penso che non sia morto, che rimarrà lì sospeso. Mbs è un attore regionale molto imprevedibiole, oggi non gioca la solita carta dell'alleanza con gli Stati Uniti, ma ha l'ambizione un po' alla Erdogan di svolgere un ruolo di pacificitore come dimostrano i colloqui con Raisi e Macron - chiosa l'analista - Gli Accordi di Abramo potrebbero riprendere nei prossimi mesi, ma su questo determineranno molto anche le elezioni americane".

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