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Juan Carlos, il re che salvò la democrazia

02 giugno 2014 | 16.36
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Il principe Felipe con sua moglie e le figlie e il re Juan Carlos (Infophoto) - INFOPHOTO
Il principe Felipe con sua moglie e le figlie e il re Juan Carlos (Infophoto) - INFOPHOTO

Quando salì al trono il 22 novembre 1975, subito dopo la morte del dittatore Francisco Franco, pochi scommettevano su lunga durata del regno di Juan Carlos di Spagna. Tanto che vi era chi l’aveva soprannominato Juan Carlos I, il breve. Ma il sovrano spagnolo ha regnato 39 anni, conquistandosi un posto nella storia, e nel cuore dei suoi compatrioti, come garante della nuova democrazia spagnola. Tanto che molti spagnoli preferiscono definirsi ‘juancarlisti’, piuttosto che monarchici. Nipote di Alfonso XIII, che non ha mai regnato sul trono spagnolo, Juan Carlos è nato in esilio a Roma il 5 gennaio 1938, nel pieno della guerra civile spagnola. Figlio dell’erede al trono Don Giovanni di Borbone e Battenberg e Maria de las Mercedes, principessa delle due Sicilie, il futuro re ha trascorso la sua prima infanzia in Italia e Portogallo. All’età di dieci anni fu chiamato in Spagna dal dittatore Franco, che lo fece studiare in collegi militari e all’università di Madrid. Allora molti spagnoli lo consideravano una marionetta di Franco e vi fu anche un’occasione in cui fu bersagliato in pubblico da un lancio di pomodori. La sua incoronazione, due giorni dopo la morte di Franco, fu accolta con una certa indifferenza.

Ma Juan Carlos era un uomo molto diverso da quanto era sembrato. Fin dall’iniziò favorì la transizione politica della Spagna, nominando nel luglio 1976 Adolfo Suarez come capo del governo e votando a favore del referendum che, nel dicembre di quello stesso anno, stabilì il percorso del ritorno alla democrazia. Ma soprattutto fu lui a far fallire, con il suo decisivo intervento, il golpe militare del tenente colonnello Antonio Tejero, il 23 febbraio 1981. Fu allora che Juan Carlos diventò veramente il re degli spagnoli, conquistandosi la loro stima e il loro affetto. A questo contribuì anche il carattere del sovrano, appassionato sportivo poco incline alle rigidità formali e noto per il suo senso dell’umorismo. Nel 1995, un fallito tentativo degli indipendentisti baschi di assassinare il re, provocò un’ondata di choc in tutto il Paese. Per molti, Juan Carlos era “il miglior ambasciatore della Spagna” mentre anche chi non era monarchico, come il leader comunista Santiago Carrillo, dichiarava che sarebbe stato “un eccellente presidente della repubblica”. Solo pochi irriducibili repubblicani o gruppi indipendentisti erano ostili al sovrano. Ma l’idillio fra il re e il suo popolo si è incrinato nel 2012, quando una frattura all’anca in Botswana ha rivelato che Juan Carlos era impegnato in una battuta di caccia all’elefante in Botswana. La vacanza di lusso del re mentre la Spagna era in preda alla crisi economica indignò gran parte dell’opinione pubblica, tanto che Juan Carlos decise, per la prima volta in vita sua, di scusarsi in pubblico.

Ormai l’incanto era rotto. E la stampa, che tante volte aveva chiuso un’occhio sulle infedeltà del re alla regina Sofia, non tacque sul fatto che in Botswana c’era con lui una bionda amica tedesca, Corinna zu Sayn- Wittgestein. A questo si è aggiunto anche lo stato di salute del sovrano. Già nel 2010, Juan Carlos si era operato per un nodulo benigno al polmone e successivamente vi erano state due operazioni al ginocchio e al piede. A partire dalla caduta in Botswana, le operazioni all’anca e per un ernia del disco sono state sei. Intanto la monarchia spagnola affrontava il suo momento più difficile con lo scandalo Noos, che ha coinvolto in prima persona la secondogenita del re, l’infanta Cristina, e suo marito Inaki Urdangarin. Il re aveva escluso Urdangarin da ogni attività ufficiale nel dicembre 2011, ma il 3 aprile 2013 ha dovuto subire l’onta di vedere sua figlia imputata formalmente in questo scandalo di appropriazione di beni pubblici. Ora la speranza della monarchia passa nelle mani del figlio Felipe. A lui Juan Carlos disse che la corona “va conquistata giorno per giorno”. L’abdicazione è l’ultimo gesto istituzionale di un sovrano che ha fatto la storia della Spagna. “Vorrei essere ricordato come il re che ha unito tutti gli spagnoli e insieme a loro ha recuperato la democrazia e la monarchia”, aveva dichiarato in un’intervista in occasione del 75esimo compleanno

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