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Vittoria Bjp in India, Modi accolto a Nuova Delhi come un trionfatore. Sonia e Raul Gandhi pronti a dimettersi

17 maggio 2014 | 14.56
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Il premier eletto arriva nella capitale per i festeggiamenti e poi celebra la vittoria con un rito hindu lungo le rive del Gange nella città santa di Varanasi. Singh presiede per l’ultima volta il Consiglio dei ministri

(foto Xinhua)
(foto Xinhua)

Il premier indiano Manmohan Singh si è dimesso, dopo aver presieduto per l’ultima volta il Consiglio dei ministri. Il candidato del partito del Congresso, duramente sconfitto dal partito nazionalista hindu Bjp di Narendra Modi, ha presentato le dimissioni al presidente indiano Pranab Mukherjee.

“Le elezioni appena concluse hanno rafforzato la nostra democrazia” ha dichiarato Singh. L’economista e politico, che ha guidato il governo indiano per due mandati consecutivi di cinque anni, si è detto convinto che l’India emergerà come una grande potenza nell’evoluzione dell’economia globale. “La mia vita e gli anni trascorsi al servizio dello stato sono un libro aperto”, ha poi sottolineato con un riferimento agli scandali di corruzione che hanno investito il suo governo.

Modi a Nuova Delhi per la sfilata della vittoria - Il premier eletto indiano Narendra Modi è arrivato a Nuova Delhi per partecipare ai festeggiamenti per la netta vittoria elettorale del suo partito Bjp. Al suo arrivo nella capitale dallo stato di Gujarat, Modi è stato accolto come un trionfatore dai suoi sostenitori. “In 60 anni di storia dell’indipendenza indiana, non ho mai visto niente del genere”, ha affermato il leader nazionalista, che su Twitter ha scritto: “Ha vinto l’India, ora arriveranno i giorni positivi”.

Modi ha poi celebrato la sua vittoria elettorale con un rito hindu lungo le rive del Gange nella città santa di Varanasi (ex Benares). Primo ministro del Gujarat, Modi si era candidato anche a Varanasi, capoluogo dell’Uttar Pradesh, dove ha ottenuto una vittoria schiacciante. Accanto a lui, sulle rive del Gange, era seduto Amit Shah, leader locale del Bjp, fra gli architetti del successo dei nazionalisti hindu in questo che è lo stato più popoloso dell’India. Il Bjp, che ha conquistato 282 dei 543 seggi del parlamento indiano, si è aggiudicato 71 degli 80 deputati dell’Uttar Pradesh.

Lo tsunami elettorale Modi non ha invece travolto il Kerala. Lo stato dell’India meridionale, ormai da noi famoso perché teatro della vicenda in cui sono coinvolti i due marò italiani accusati di aver ucciso due pescatori locali, risulta essere l’unico baluardo rimasto per il Partito del Congresso, travolto invece in tutti gli altri stati dal Bharatiya Janata Party. Nello stato affacciato sull’Oceano Indiano, il partito di Sonia Gandhi avrebbe ottenuto sei seggi, mentre il Bjp appena uno, e i marxisti del partito comunista - eterni rivali del Congresso nello stato - quattro seggi e l’unione musulmana 2. Risultati che sono un successo personale per Oommen Chandy, il premier del Kerala - che è stato anche uno dei protagonisti della vicenda dei marò, almeno nelle battute iniziali della lunghissima odissea giudiziaria - che aveva previsto che “l’onda di Modi” non sarebbe arrivata nel suo stato.

Durante la campagna elettorale, il leader nazionalista hindu aveva rivolto, durante un comizio, un durissimo attacco alla leadership dello stato del Kerala, accusandola di “coltivare il terrorismo” e di bloccare lo sviluppo di una risorsa potenzialmente forte, il turismo, con la mancata realizzazione delle necessarie infrastrutture. Insomma, su entrambi i fronti sono stati usati toni molto forti nella campagna elettorale. Ora, sottolinea la stampa locale, Chandy, nonostante l’affermazione personale che sarà importante anche in vista dei nuovi assetti che il partito del Congresso si dovrà dare dopo la clamorosa sconfitta, dovrà affrontare il problema di trovare un modo per lavorare e collaborare con il governo guidato da Modi.

Fonti di partito: Sonia e Raul Gandhi pronti a dimettersi - Intanto, all’indomani della sconfitta, la presidente del partito del Congresso Sonia Gandhi e suo figlio Raul sarebbero pronti a dimettersi. Secondo fonti del Congresso Nazionale Indiano, riferiscono i media locali, la decisione potrebbe essere annunciata al partito durante una riunione di lunedì. ”Mi assumo la responsabilità della sconfitta. Speriamo che il nuovo governo non comprometta l’unità del Paese e gli interessi del popolo”, aveva dichiarato venerdì la stessa Gandhi. E ad ammettere la sconfitta è stato anche il figlio Raul, che ha guidato la disastrosa campagna elettorale del suo partito. “Sono andati molto bene - ha detto congratulandosi con il nuovo governo - il Congresso è andato molto male, abbiamo molto su cui riflettere. Come vice presidente, mi assumo la responsabilità” della sconfitta.

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