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Lavoro: la ricerca, incentivi non sempre creano occupazione

11 dicembre 2014 | 13.35
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La Fondazione studi dei consulenti del lavoro ha analizzato i dati elaborati da Reforming.it, per conto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, per intercettare la reale esigenza delle imprese di incrementare il personale dipendente.

Lavoro: la ricerca, incentivi non sempre creano occupazione

"Il sistema di incentivi per l’occupazione a termine non crea occupazione a tempo indeterminato: allo scadere degli stessi il più delle volte cessano anche i rapporti di lavoro". A dirlo la Fondazione studi dell'Ordine dei consulenti del lavoro, che ha analizzato i dati elaborati da Reforming.it, per conto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, per intercettare la reale esigenza delle imprese di incrementare il personale dipendente.

I dati, elaborati trimestralmente dal 2011 al 2° semestre 2014, mostrano un interesse crescente verso la tutela normativa piuttosto che verso l’incentivo economico a breve scadenza. "Dai dati emersi dalla ricerca -spiega la Fondazione Studi- emerge, inequivocabilmente, che il lavoro a tempo determinato tiene in vita la soglia positiva del rapporto assunzioni-cessazioni di lavoro".

"Una certezza normativa, di diritti e doveri, che -fa notare- nel mondo del lavoro prevale su quella degli incentivi. A questo va sicuramente aggiunto un elemento importante che è quello del proliferarsi, seppure in numeri ancora minimi, del ricorso ai contratti di prossimità".

"Sono diversi, infatti, gli elementi -sottolinea la Fondazione studi dei consulenti del lavoro- del contratto di lavoro che possono essere regolati con il contratto-accordo aziendale per consentire al datore di lavoro di avere un rapporto di lavoro incentrato sulle proprie esigenze lavorative e per nulla pregiudicante nei confronti dei lavoratori, vista la necessaria sottoscrizione degli stessi dalle associazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative".

"Il saldo negativo costante, registrato nel corso dei trimestri analizzati, del ricorso alle assunzioni a tempo indeterminato -spiega- evidenzia che qualunque agevolazione incoraggi il ricorso a tale tipo di assunzione non regge, presumibilmente, oltre il tempo di durata della stessa. Solo nei primi 6 mesi del 2014, a fronte di 838.604 assunzioni, si sono registrate contemporaneamente 941.509 cessazioni di rapporti di lavoro".

"Nel complesso, le cessazioni di rapporti di lavoro -avverte- superano le assunzioni per quasi 1.280.000 unità in valore assoluto. Se si considera che la maggior parte di queste assunzioni sono state effettuate con la legge 407 del 1990, e quindi beneficiarie dello sgravio triennale variabile dal 50 al 100% dei contributi a carico dell’azienda, a seconda dei territori e delle tipologie di attività, si comprende facilmente che l’eliminazione della stessa aggraverebbe sicuramente il dato relativo agli attivati. Anche il nuovo contratto a tutele crescenti non produrrà gli effetti sperati, poiché, essendo limitato a una sola annualità, aumenterà il saldo negativo in quelle successive".

"Il successo delle assunzioni a termine -rileva la Fondazione Studi- premia la tutela normativa che le stesse riservano alle aziende. Dalla legge 92 del 2012 alla legge 78 del 2014, il contratto a termine ha avuto un restyling normativo che concede, ora, ai datori di lavoro la certezza che osservando le regole diminuisca l’ipotesi di contenzioso con il dipendente all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. L’incentivo normativo, inteso quale determinatezza della tipologia contrattuale con vincoli e responsabilità ben precise e bene evidenziate, supera di gran lunga quello economico nell’appeal delle aziende che ancora assumono".

"Anche il contratto di apprendistato -sottolinea- registra valori di crescita a saldo positivo, anche se sono ancora pochi i contratti attivati nonostante la volontà di vedere nell’apprendistato, come avviene in parallelismo normativo nel resto d’Europa, la porta di ingresso nel mondo del lavoro. Un freno è rappresentato, sicuramente, dall’autonomia delle singole regioni nel legiferare su elementi determinanti del contratto di apprendistato. Questo crea un sistema di norme, per lo più differenti da regione a regione, che scoraggiano le imprese ad assumere apprendisti".

"La collaborazione, seppure a fasi alterne nell’intero periodo considerato, non registra -osserva- un interesse elevato per i datori di lavoro. Sebbene la maggior parte delle collaborazioni avviene nei settori in cui tale forma di lavoro è meno rigida, esempio i call center outbound i cui contratti di collaborazione vengono regolati a livello di contratto collettivo, la collaborazione resta una forma di lavoro eccezionale per i datori di lavoro e, soprattutto, ricercata in caso di prestazioni riferite a soggetti con spiccate professionalità e per attività diverse da quelle esercitate dall’impresa".

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