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Servizio civile: Palazzini (Cnesc), bene quello universale ma sfida sono risorse

10 marzo 2017 | 14.39
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Licio Palazzini
Licio Palazzini

"Il servizio civile universale è promosso sul piano del valore per il Paese perché governo e e Parlamento si impegnano a decidere gli obiettivi da affidare al servizio civile, che diventa quindi un valore per tutti. Poi ci sono cose da precisare e migliorare nei decreti attuativi, c'è la sfida delle risorse, ma è indubbiamente un passo avanti anche sul piano culturale enorme". A promuovere con Labitalia il 'nuovo' servizio civile che da nazionale diventa universale è Licio Palazzini, fondatore di Arci Servizio Civile nel 1996 (associazione di cui tuttora è presidente) e presidente della Cnesc, la conferenza nazionale degli enti del servizio civile che riunisce una rete di 23 associazioni, grandi e piccole, presenti sul territorio nazionale.

Sulle risorse, infatti, Palazzini ricorda che per 2018 e 2019 "per ora ci sono solo i 110 mln all'anno della legge di stabilità". Palazzini sottolinea l'importanza di essere arrivati con il servizio civile nazionale alla conquista di "un progetto in cui siano indicati i motivi del perché i giovani sono chiamati a impegnarsi e le cose che faranno".

"Tutto è cominciato con gli obiettori di coscienza -ricorda- e allora non c'era alcun piano di attività. La Cnesc è nata in quel periodo, nel 1984, battendosi perché anche gli obiettori sapessero cosa andavano a fare nel servizio civile".

Da allora molta strada è stata percorsa. "Già con l'obiezione di coscienza -ricorda Palazzini- erano migliaia le organizzazioni pubbliche e senza scopo di lucro allora convenzionate col ministero della Difesa per poter impegnare gli obiettori. Oggi che c'è il servizio civile nazionale su base volontaria, aperto anche alle ragazze, sono 4.500 gli enti accreditati, ma sono più di 16.000 le organizzazioni pubbliche e senza scopo di lucro abilitate a impegnare i giovani. Questo significa che la base per poter impiegare i giovani c'è già nel nostro Paese perché queste migliaia di organizzazioni pubbliche e senza scopo di lucro hanno costruito nel tempo saperi e competenze".

Infatti, una base del servizio civile è la formazione che i giovani, aggiunge Palazzini, "devono obbligatoriamente ricevere: sia quella generale per capire cos'è il servizio civile, sia quella specifica per le attività del progetto".

"Tutti elementi che costituiscono il patrimonio di base su cui potrà svilupparsi il servizio civile universale: lo dico anche perché -sottolinea- nel 2001, quando partì il servizio civile su base volontaria, molti (anche tra i parlamentari) non avrebbero scommesso un euro sul fatto che avrebbe avuto un futuro. Erano scettici sul fatto che i ragazzi avrebbero partecipato: invece dal 2001 a oggi sono state 1.000.000 le domande presentate, anche se le risorse conferite da Stato e Regioni sono state sufficienti per neanche 400.000 ragazzi e ragazze", spiega il presidente della Cnesc.

"Questo va sottolineato perché spesso si dà dei giovani un'idea di persone poco impegnate, non disponibili; in realtà il servizio civile restituisce un'immagine diversa", dice Palazzini aggiungendo anche che "i profili dei giovani sono molto cambiati". "Gli obiettori di coscienza erano solo uomini (e solo abili alla leva), e dal 2001 al 2004 (quando è partito il scn) abbiamo avuto solo ragazze e uomini inabili alla leva. Dal 2005 il servizio civile è aperto a uomini e donne e in 15 anni, ancora oggi almeno il 65% delle persone che lo fanno, sono ragazze", ricorda.

Non è perché le ragazze sono più votate al volontariato, ma perché, aggiunge Palazzini, "il servizio civile è stato un'occasione importante di emancipazione nei fatti". "Molte ragazze che sono entrate in servizio civile nazionale, sono rimaste nelle associazioni e sono diventate operatrici e dirigenti, e così il mondo (molto maschile) del Terzo settore ha rivalutato la presenza delle donne", sottolinea.

Lo Scu, però, eredita anche delle cose negative dal Scn, dice Palazzini: "Intanto l'organizzazione tra Stato e Regioni che ha governato questi 15 anni per cui nei fatti si sono creati due servizi civili: uno, quello delle reti che operano nel territorio nazionale, amministrato dal dipartimento delle politiche giovanili e del servizio civile nazionale; e l'altro, quello degli enti che operano esclusivamente in ambito regionale gestito da ogni singola regione".

Più che altro, spiega, "un problema per il modo con cui questo sistema è stato gestito, cioè quello dei compartimenti stagni in cui ognuno vede solo il proprio orticello: c'è bisogno di armonizzare il sistema e questo è uno degli obiettivi dello Scu". L'altra criticità "molto sentita dai giovani -aggiunge Palazzini- riguarda il riconoscimento economico: 433,80 euro al mese è l'importo in vigore dal 2001 che concorre oggi a fare reddito". "Quindi ci sono delle situazioni in cui i giovani o i nuclei familiari sono quasi danneggiati dal fare il servizio civile", avverte.

Poi, quello che non piace agli enti è la possibile riduzione dello Scu da 12 a 8 mesi. "Siamo fortemente scettici su questa misura: se 8 mesi è la durata giusta del progetto niente da dire, ma se si vuol fare con gli stessi soldi un numero più alto di avvii e quindi si vuole fare cassa, non siamo d'accordo. Noi speriamo che nei decreti attuativi passi il criterio che la durata del servizio civile la sceglie l'organizzazione sulla base degli obiettivi che intende perseguire", afferma il presidente della Cnesc.

Infine, le risorse: "Dei 257 milioni circa per il 2017 solo 110 milioni sono in legge di stabilità, gli altri vengono da altri fondi. Ma per il 2018 e il 2019 per ora ci sono solo i 110 milioni all'anno della legge di stabilità. Questa è una grande incognita: spero che governo e Parlamento si rendano del rischio che corre, anche su questo terreno, la credibilità della politica. Anche perché lanciare la parola d'ordine del servizio civile universale' e poi dotarlo di risorse infime, è un pessimo segnale", conclude Palazzini.

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